Come si andrà in pensione prima? Possibile addio a Quota 103 e flessibilità grazie al TFR. Le ipotesi di Durigon per la pensione anticipata.

Lo avevamo già segnalato in un nostro recente articolo riguardo alle ultime dichiarazioni di Durigon: il cantiere della previdenza è in pieno fermento in vista della prossima legge di bilancio. 

Sul tavolo ci sono diversi temi caldi, dalla sospensione dell’adeguamento automatico di tre mesi alla speranza di vita, al possibile restyling di Opzione Donna, che il Governo vorrebbe “conservare e potenziare”, fino ad arrivare a una nuova ipotesi di uscita anticipata dal lavoro a 64 anni, naturalmente vincolata a precise condizioni.

In questo approfondimento ci concentriamo proprio su quest’ultima proposta, che negli ultimi giorni ha trovato conferme e sostegno da più parti, in particolare dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, intervenuto sul tema a margine del Meeting di Rimini.

Come funziona la pensione anticipata a 64 anni

Già oggi è possibile accedere alla cosiddetta “pensione anticipata contributiva”, rispettando una serie di condizioni:

  • avere iniziato a lavorare dopo il 31 dicembre 1995, dunque rientrando totalmente nel sistema di calcolo “contributivo puro”;
  • aver compiuto almeno 64 anni;
  • aver versato almeno 20 anni di contributi;
  • poter contare su una pensione di importo non inferiore a tre volte l’assegno sociale

Considerando che nel 2025 l’assegno sociale ammonta a 7.002,84 euro annui, il requisito si traduce in una pensione minima di 21.008,52 euro lordi all’anno.

Durigon: “Flessibilità a 64 anni estesa a tutti i lavoratori”

Attualmente, come si ricordava, la possibilità di accedere alla pensione anticipata contributiva è riservata ai cosiddetti “contributivi puri”, ovvero coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e che rientrano interamente nel sistema di calcolo contributivo

Una delle novità prospettate da Durigon consiste nell’estendere questo canale anche ai lavoratori con il sistema di calcolomisto”, cioè a coloro che hanno versato contributi sia prima sia dopo il 1996.

In Italia, infatti, il sistema pensionistico non è uniforme per tutti: il calcolo dell’assegno varia a seconda del periodo in cui sono stati versati i contributi. In particolare:

  • Metodo retributivo: riguarda i contributi versati fino al 1995. È considerato più favorevole perché l’importo della pensione viene determinato sulla base della media degli stipendi percepiti negli ultimi anni di lavoro.

  • Metodo contributivo: vale per chi ha iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 in poi. In questo caso l’assegno dipende esclusivamente dai contributi effettivamente versati lungo tutta la carriera.

  • Metodo misto: si applica a chi ha versato contributi sia prima che dopo il 1996. La pensione viene quindi calcolata in parte con il sistema retributivo e in parte con quello contributivo.

La pensione anticipata contributiva si confermerebbe, quindi, una scelta volontaria da parte del soggetto. Tuttavia, se verrà davvero estesa anche a chi rientra nel sistema di calcolo “misto”, sarà fondamentale prestare particolare attenzione ad alcuni aspetti specifici:

  • la soglia minima di pensione da raggiungere (tre volte l’assegno sociale); 
  • l’ipotesi, anticipata dal sottosegretario Durigon, che il metodo di calcolo applicato sia integralmente con il sistema contributivo, indipendentemente da quando le singole contribuzioni siano state effettivamente maturate. 

Per chi ha maturato un numero significativo di contributi prima del 1996, questa variabile può incidere in modo rilevante sull’importo della pensione, poiché tali contributi verrebbero automaticamente valorizzati con il metodo di calcolo contributivo, meno favorevole rispetto al sistema retributivo al quale, per periodo di maturazione, apparterrebbero di diritto.

Sarà quindi opportuno effettuare diverse simulazioni per valutare con precisione l’impatto del passaggio al metodo contributivo sull’importo della pensione e, se necessario, considerare strategie alternative per tutelare il proprio assegno previdenziale.

Fondi pensione e pensione anticipata: un nuovo binomio destinato a crescere

Abbiamo visto che uno dei requisiti per accedere alla pensione anticipata contributiva è poter contare su una pensione di importo non inferiore a tre volte l’assegno sociale, ovvero una pensione minima di 21.008,52 euro lordi all’anno.

Per arrivare a questo livello è necessario accumulare un montante contributivo superiore ai 400 mila euro, risultato che in pratica presuppone una retribuzione annua lorda media intorno ai 35 mila euro per tutta la vita lavorativa: un risultato non sempre raggiungibile.

Per questo motivo, la scorsa Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una novità significativa: la possibilità di utilizzare il proprio fondo pensione per colmare eventuali gap rispetto ai requisiti minimi previsti dal sistema contributivo per accedere sia alla pensione di vecchiaia sia, appunto, a quella anticipata contributiva.

In pratica, in quest’ultimo caso, se il montante contributivo versato durante la carriera produce una pensione più bassa di tre volte l’assegno sociale, il lavoratore potrà aggiungere a questo importo anche quello derivante dalla rendita vitalizia del fondo pensione.

Già oggi, però, chi sceglie di andare in pensione a 64 anni sfruttando questa possibilità deve considerare un vincolo contributivo più severo:

  • dal 2025 sono necessari almeno 25 anni di contributi nella previdenza obbligatoria
  • dal 2030, l’asticella si alzerà ulteriormente fino a 30 anni di contributi obbligatori.

Facciamo un esempio.

Pensiamo a un lavoratore che nel 2025 abbia compiuto i 64 anni, con almeno 25 anni di contributi e una pensione stimata intorno ai 18.000 € lordi all’anno. Per poter andare in pensione anticipata contributiva, questo lavoratore può utilizzare il proprio fondo pensione per colmare la differenza rispetto alla soglia del 3 volte l’assegno sociale:

Pensione pubblica annua (18.000 euro) + rendita annua fondo pensione (3.000 euro) = soglia per accedere alla finestra anticipata contributiva (21.000 euro circa).

A breve termine, l’effetto della riforma sarà contenuto, dato che la maggior parte dei lavoratori in regime contributivo pieno non ha ancora raggiunto i 25 anni di contribuzione. Tuttavia, nel medio-lungo periodo si prevede un incremento significativo dei soggetti che potranno beneficiare di questa misura.

Novità 2026? Il ruolo del TFR “lasciato in azienda” come rendita integrativa

Proprio basandosi sul meccanismo che lega la pensione anticipata contributiva alle rendite dei fondi pensione, il sottosegretario Durigon apre a un’altra ipotesi altrettanto interessante: per superare il vincolo della soglia minima di accesso, il Governo potrebbe consentire ai lavoratori di utilizzare, sempre su base volontaria, il proprio Trattamento di Fine Rapporto (TFR) accantonato presso il Fondo di Tesoreria dell’INPS come “integrazione”.

In questo modo, chi si trova con un assegno pensionistico finale insufficiente potrebbe integrare l’importo mensile con parte del TFR e maturare così il diritto all’uscita a 64 anni.

Ricordiamo che, dal 2007, il TFR maturando dei dipendenti che decidono di “lasciare il TFR in azienda” anziché destinarlo ad un fondo pensione, cambia in base alla dimensione aziendale:

  • Imprese con meno di 50 dipendenti: le quote di TFR restano effettivamente accantonate direttamente presso l’azienda.
  • Imprese con almeno 50 dipendenti: il TFR maturando viene invece trasferito al Fondo di Tesoreria gestito dall’INPS.

(La soglia dei 50 dipendenti si calcola in modo diverso a seconda della data di nascita dell’impresa. Per le realtà già esistenti prima del 2007, si guarda al numero medio di lavoratori in forza nel corso del 2006. Per le aziende costituite dal 2007 in avanti, il parametro di riferimento è il numero di occupati registrato nel primo anno di attività).

Ecco quindi che questa nuova possibilità, se confermata, sarebbe riservata ai soli lavoratori dipendenti di aziende medio-grandi che, per la loro dimensione, già oggi destinano le quote di TFR maturando al Fondo di Tesoreria INPS. 

Durigon ha spiegato con un esempio pratico il funzionamento del meccanismo, del tutto simile alla logica già applicata a chi trasforma il proprio fondo pensione in una rendita integrativa per accedere alla pensione anticipata contributiva. 

Ipotizziamo

  • un lavoratore con 64 anni di età
  • 25 anni di contributi (requisito valido fino al 2030)
  • una pensione maturata di 1.300 euro mensili lordi.

Grazie all’uso del TFR come “aggiunta” potrebbe integrare al conteggio circa 400 euro e raggiungere i 1.700 euro, superando la soglia richiesta di circa 21.000 euro annui. 

In caso di decesso, ha precisato il Sottosegretario, questa formula non avrebbe alcun impatto negativo né sulla pensione di reversibilità né sull’eventuale quota di TFR non ancora liquidata. 

Un aspetto che poi, se confermato, introdurrebbe un elemento di forte interesse riguarda poi il trattamento fiscale: il TFR presso il Fondo di Tesoreria INPS trasformato in rendita seguirebbe, infatti, lo stesso regime agevolato già riconosciuto ai fondi pensione.

Si tratta di un vantaggio rilevante: la tassazione è definitiva e parte dal 15%, con una riduzione dello 0,3% per ogni anno di partecipazione alla previdenza complementare successivo al quindicesimo, fino a raggiungere un’aliquota minima del 9%. 

Una condizione decisamente più favorevole rispetto a quella prevista oggi per chi lascia il TFR in azienda o nel Fondo di Tesoreria INPS, dove l’imposizione fiscale viene calcolata sulla media IRPEF degli ultimi cinque anni di reddito, oscillando tra il 23% e il 43%.

I costi della flessibilità

Secondo il sottosegretario Durigon, la proposta andrebbe letta come un ampliamento della flessibilità in uscita, con l’obiettivo di evitare di generare assegni troppo bassi.

“Non è una rinuncia alla liquidazione” ha sottolineato “ma una possibilità per chi non raggiunge i requisiti, così da evitare pensioni povere”

Il nodo dei costi rimane aperto, ma il sottosegretario ha minimizzato i rischi per i conti pubblici. 

“Ogni anno l’Inps paga circa 6,8 miliardi di euro di TFR a chi va in pensione. Con la nostra proposta la spesa sarebbe molto inferiore perché l’Inps verserebbe, per esempio, qualche migliaio di euro in più all’anno sulla pensione, invece che 50-70 mila euro di liquidazione. Inoltre, queste pensioni sarebbero calcolate interamente col contributivo. Alla fine penso che non costerebbe molto, al netto degli incentivi e delle agevolazioni”.

Il futuro di Quota 103 e Opzione donna

Durigon ha confermato che l'introduzione di questa nuova flessibilità, potrebbe rendere superflua la proroga di Quota 103, che consente l’uscita a:

Misura che, nell’ultimo anno, ha ricevuto un numero contenuto di richieste, principalmente a causa dell’inasprimento dei requisiti di accesso e per l’introduzione del calcolo interamente contributivo anche per chi aveva maturato anzianità nel sistema “misto”. 

Diverso invece il discorso per Opzione donna che, pur avendo registrato numeri contenuti, secondo Durigon merita di essere mantenuta e rafforzata. L’obiettivo è studiare correttivi per garantire assegni più dignitosi, soprattutto considerando il carico di lavoro familiare e di cura che grava spesso sulle lavoratrici.

Il punto di vista di Ciao Elsa

Le ultime indiscrezioni in materia previdenziale possono essere viste come un segnale positivo verso una maggiore flessibilità del sistema, sebbene permangano alcuni interrogativi. 

In particolare, resta da chiarire in che modo il TFR versato al Fondo di Tesoreria INPS potrà essere trasformato in una “rendita” utile a integrare la soglia minima per la pensione anticipata contributiva, e come verrà gestita la potenziale “disparità” tra chi mantiene il TFR in azienda e chi deve destinarlo all’INPS.

Dal nostro punto di vista, in generale, resta fondamentale analizzare l’intero contesto prima di valutare le possibili soluzioni “spot”.

Il vero nodo risiede nel fatto che, grazie alla normativa sulla previdenza complementare, in vigore da oltre vent’anni, i lavoratori dispongono già di numerosi strumenti per costruire un futuro previdenziale più solido e flessibile.

Prima di concentrare l’attenzione sull’utilizzo del TFR lasciato al Fondo di Tesoreria INPS per anticipare la pensione, sarebbe opportuno porre maggiore enfasi sull’informazione e sull’aumento di consapevolezza dei lavoratori sulla natura e sul funzionamento dei fondi pensione. 

La maggior parte degli italiani, infatti, non conosce appieno i benefici concreti che tali strumenti offrono, tra cui:

Grazie a questi strumenti, è possibile pianificare in modo strutturato l’intero percorso previdenziale e, in alcuni casi, utilizzarli per anticipare l’uscita dal lavoro, tramite strumenti come RITA, anticipazioni o le recenti novità introdotte nella legge di bilancio, che consentono di integrare i fondi pensione per ottenere i requisiti necessari e accedere alla pensione anticipata contributiva.

Ben venga, dunque, anche l’eventuale nuova possibilità di utilizzare il TFR destinato al Fondo di Tesoreria INPS per andare in pensione a 64 anni. Tuttavia, senza una corretta informazione sulla previdenza in generale (dalle regole di base, alla gestione dei fondi pensione, alla destinazione consapevole del TFR, fino alla pianificazione fiscale) chi lavora oggi rischia di trovarsi, al momento del pensionamento, con meno risorse di quelle che avrebbe potuto ottenere (contributo datoriale, deducibilità, tassazione finale agevolata) e un assegno significativamente inferiore rispetto all’ultimo stipendio percepito.

Il vero problema, a nostro avviso, è la mancanza di consapevolezza. 

Non saranno le misure “sporadiche” di fine corsa a garantire un futuro sicuro: intervenire a ridosso del pensionamento, cercando di correggere carenze accumulate nel corso della vita lavorativa, rischia di non produrre i risultati desiderati, soprattutto se i lavoratori non hanno avuto accesso a informazioni adeguate per compiere le scelte migliori lungo il loro percorso previdenziale.

L’obiettivo di Ciao Elsa è proprio quello di trasformare in maniera chiara e accessibile anche i temi più complessi e tecnici della previdenza, del TFR e dei fondi pensione, offrendo un quadro completo che consideri sia il singolo lavoratore sia le dinamiche aziendali.

Dalle Chiacchiere di gruppo, gratuite e accessibili a tutti, nelle quali cerchiamo di avviare un confronto per orientare e acquisire maggiore consapevolezza sui temi previdenziali, ai servizi Elsa Premium Smart e Elsa Premium 360, il nostro impegno è chiaro: nessuno deve restare indietro nel proteggere il proprio futuro previdenziale. 

Link utili e approfondimenti

Condividi su