Prima busta paga: da dove cominciare per costruire un futuro finanziario solido

Iniziare il primo impiego e ricevere la prima busta paga è un momento di soddisfazione, ma anche una piccola svolta nella vita di ogni lavoratore. È la prima volta che si tocca con mano il frutto del proprio impegno, ma anche l’occasione per assumere una nuova consapevolezza: quella finanziaria

Comprendere quanto entra, quanto esce, quanto conviene risparmiare, come proteggersi dai rischi e, soprattutto, come iniziare a costruire un futuro previdenziale solido diventa parte integrante del percorso di crescita personale e professionale.

È naturale concentrarsi sul presente (far fronte all’affitto, alle spese quotidiane, a qualche piccolo progetto personale), ma le decisioni che si prendono oggi possono influenzare in modo significativo il benessere economico di domani. 

Il tempo, infatti, è una risorsa preziosa: chi impara a sfruttarlo fin dall’inizio può costruire basi robuste per il proprio futuro finanziario.

In questo contesto, la previdenza complementare rappresenta uno strumento chiave in un’ottica di pianificazione finanziaria in un sistema pensionistico, come quello attuale, in cui si richiede sempre più responsabilità individuale.  

Ciò non significa, tuttavia, che debba essere vista come la “soluzione miracolosa” a tutti i problemi o come il luogo in cui concentrare immediatamente tutti i propri risparmi. La sua funzione principale è quella della pensione pubblica, e in quest’ottica offre vantaggi fiscali rilevanti, ma anche alcune limitazioni che è importante conoscere e valutare con consapevolezza.

Spesso, il passo più significativo consiste semplicemente nel cominciare, anche con importi contenuti. L’essenziale è attivarsi, definire i propri obiettivi e intraprendere un percorso di pianificazione coerente con le proprie esigenze e prospettive future.

Dunque, come gestire i primi risparmi? Da dove partire per costruire un equilibrio tra presente e futuro? Scopriamolo insieme.

mese educazione finanziaria ciao elsa

Il punto di partenza: la consapevolezza finanziaria

Prima ancora di scegliere dove e su cosa investire i propri risparmi, serve costruire un minimo di educazione finanziaria personale. La pianificazione non riguarda solo chi ha grandi patrimoni o redditi elevati: riguarda tutti, perché ogni lavoratore, anche con il primo stipendio, deve imparare a gestire in modo efficiente le proprie risorse nel tempo.

La prima tappa di una buona pianificazione finanziaria è semplice ma spesso trascurata: capire quanto si guadagna e come si spendono i propri soldi

La busta paga non è solo un importo accreditato sul conto: contiene informazioni preziose su quanto il datore di lavoro versa per la previdenza pubblica, su tasse e contributi, su eventuali benefit o trattenute. Leggerla con attenzione è già un atto di consapevolezza.

Prima di proseguire, è quindi utile soffermarsi su come la busta paga passi da lorda a netta, ovvero sul meccanismo attraverso cui vengono trattenuti contributi e imposte.

Cominciamo dai contributi previdenziali, che come lavoratore dipendente versi ogni mese per finanziare la tua futura pensione. 

Dalla retribuzione lorda viene trattenuta una quota pari, in media, al 9,19%, che viene accreditata virtualmente sul tuo conto contributivo

A questa si aggiunge una quota più consistente, pari mediamente al 23,81%, che è a carico del datore di lavoro: non compare direttamente nella tua busta paga, ma viene comunque versata all’INPS e risulta nella Certificazione Unica (CU) che ricevi ogni anno.

contributi versati pensione

Una volta trattenuti i contributi, si ottiene il cosiddetto imponibile fiscale, sul quale viene calcolata l’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Questa imposta si applica al reddito di tutti (lavoratori dipendenti, autonomi e imprenditori) ed è progressiva, cioè cresce all’aumentare del reddito.

In base agli scaglioni di reddito, l’IRPEF viene calcolata secondo le seguenti aliquote:

  • 23% fino a 28.000 euro di reddito annuo lordo;
  • 35% sulla parte di reddito compresa tra 28.000 e 50.000 euro;
  • 43% sulla parte eccedente i 50.000 euro.

Facciamo un esempio concreto.

Mettiamo il caso che tu abbia un reddito imponibile annuo lordo di 30.000 euro: una cifra forse elevata per un primo impiego, ma utile come esempio perché si colloca a cavallo di due scaglioni IRPEF.

In questo caso, lo Stato non applica un’unica aliquota sul totale del reddito, ma suddivide il reddito in fasce (o scaglioni), ciascuna tassata con una percentuale diversa. 

tabella scaglioni irpef

Quindi:

Sui primi 28.000 € pagherai il 23% di IRPEF, cioè 6.440 €;

Da 28.000 € a 30.000 € (ovvero sui successivi 2.000 €) pagherai il 35%, quindi 700 €;

In totale pagherai: 6.440 + 700 = 7.140 €.

certificazione unica quante tasse paghi

Se sei un lavoratore dipendente, un altro elemento importante da considerare nella tua busta paga, che però non è influenzato dall’IRPEF durante il periodo di lavoro, è il TFR, ossia il Trattamento di Fine Rapporto

Si tratta di una somma di denaro che il datore di lavoro accantona ogni anno per ciascun dipendente e che viene corrisposta alla cessazione del rapporto di lavoro, indipendentemente dal motivo (dimissioni, licenziamento o pensionamento). In alternativa, il lavoratore può scegliere di destinare il TFR al proprio fondo pensione, trasformandolo in uno strumento di risparmio previdenziale a lungo termine.

Si tratta di un importo che, in media, corrisponde a una mensilità divisa per 13,5 e che viene rivalutato nel tempo in modo diverso a seconda della scelta del lavoratore: se lasciato in azienda, segue criteri di rivalutazione stabiliti per legge; se invece viene destinato a un fondo pensione, partecipa ai rendimenti finanziari del comparto scelto. Anche la tassazione finale varia in base a questa decisione, ma di questo parleremo tra poco.

cos'è il TFR

Compreso come funziona la nostra busta paga, e quindi le nostre “entrate”, il passo successivo è identificare le proprie uscite, per avere un quadro chiaro delle proprie abitudini di spesa. 

In altre parole, è fondamentale costruire il proprio budget personale con l’obiettivo di capire se una parte del reddito può essere risparmiata con regolarità e, soprattutto, per individuare le uscite ricorrenti. Solo conoscendo con precisione come si spende il proprio denaro è possibile gestirlo consapevolmente, perché chi non controlla le proprie spese non controlla il proprio futuro.

Gestire le emergenze: la liquidità “cuscinetto”

Una volta impostato il budget e compreso quanto si può risparmiare, il passo successivo è, senz’altro, costruire una riserva di emergenza

La vita è imprevedibile: una spesa imprevista, un problema di salute, un periodo senza lavoro possono mettere in difficoltà anche chi ha un buon reddito.

Per questo è importante avere un “cuscinetto” di liquidità, facilmente accessibile che possa coprire almeno tre o sei mesi di spese correnti. Questa somma serve per far fronte agli imprevisti senza dover ricorrere a prestiti o smobilizzare investimenti a lungo termine.

Solo dopo aver costruito questa base di sicurezza si può passare alla terza tappa: la protezione dai rischi e la pianificazione degli investimenti. 

La previdenza è un rischio da giovani?

Un aspetto che spesso si tende a rimandare è la valutazione dei rischi: capire quali si è disposti a sopportare personalmente e quali, invece, è più opportuno gestire attraverso un percorso di risparmio che mi consenta di fronteggiare gli imprevisti o mediante la sottoscrizione di una polizza assicurativa

Finché si è in salute e senza responsabilità familiari, può sembrare inutile. In realtà, è proprio in questa fase che il tempo diventa un prezioso alleato. Comprendere e gestire per tempo questi aspetti consente di impostare una pianificazione finanziaria più robusta, capace di adattarsi alle proprie esigenze e di offrire maggiore sicurezza di fronte alle incertezze del domani.

Concentrandoci sul tema pensionistico, la previdenza pubblica rappresenta ancora oggi una base fondamentale di protezione, ma nel corso degli anni ha subito profonde trasformazioni rispetto al modello a cui ci avevano abituato i nostri nonni. Il punto di svolta si è avuto nel 1996, con l’introduzione del metodo di calcolo contributivo, meno generoso rispetto al precedente sistema retributivo.

Nel sistema retributivo, infatti, l’importo della pensione si calcolava sulla base della media delle ultime retribuzioni percepite; chi, invece, ha iniziato a lavorare dal 1996 in poi, rientra nel sistema contributivo, che si fonda interamente sui contributi effettivamente versati durante la vita lavorativa e lega strettamente l’importo della pensione all’ammontare dei contributi e all’età al momento del pensionamento. 

In questo modello, infatti, più contributi si versano, sia in termini di importo che di anni di contribuzione, più alta sarà la pensione. Tuttavia, il sistema tiene conto anche dell’aspettativa di vita: più a lungo si vive dopo il pensionamento, più a lungo dovranno essere “spalmati” i contributi versati.

In altre parole, a parità di contributi, una maggiore aspettativa di vita comporta un assegno pensionistico più basso, perché le somme accumulate devono essere distribuite su un numero maggiore di anni. 

Secondo le stime ufficiali, i futuri pensionati potrebbero ritrovarsi a percepire una pensione pari soltanto al 50-60% dell’ultimo stipendio

A questo punto nasce spontanea una riflessione: con una riduzione di reddito di tale entità, e in assenza di forme di risparmio costruite nel tempo, sarà possibile mantenere lo stesso tenore di vita di quando si lavorava? Come cambieranno il nostro stile di vita, le abitudini e le necessità quotidiane?

previdenza complementare in Italia

Il fondo pensione è sempre la scelta più giusta?

Prima ancora di essere grandi fan dei fondi pensione, noi di Ciao Elsa siamo grandi fan dell’informazione consapevole. Ce lo sentirete dire fino allo sfinimento: quando si parla di previdenza complementare, non esiste un “assolutamente giusto” o un “assolutamente sbagliato” che valga per tutti e in ogni situazione. 

È vero che i fondi pensione offrono benefici significativi, ma la loro convenienza dipende sempre dal profilo personale, dagli obiettivi e dal momento di vita in cui ci si trova.

Qui di seguito ti elenchiamo in sintesi i vantaggi della previdenza complementare, ma se vuoi conoscere anche i contro e capire se il fondo pensione è davvero lo strumento adatto a te, partecipa ai nostri webinar (gratis) sui fondi pensione

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Sintesi vantaggi:

  • partiamo dal TFR. Se viene versato nel fondo pensione, gode di vantaggi fiscali indiscutibili rispetto al TFR lasciato in azienda.

    Ricordiamo infatti che il TFR lasciato in azienda viene tassato basandosi su un’aliquota pari alla tua media IRPEF degli ultimi 5 anni (23% - 43%). Destinando il TFR a un fondo pensione, al pensionamento potrai invece beneficiare di una tassazione agevolata pari, nei primi 15 anni di partecipazione al fondo, al 15%, ma che poi si riduce progressivamente dello 0,3% per ogni anno successivo, fino a raggiungere l’aliquota minima del 9% dopo 35 anni di adesione.

    Per questo, la data di prima iscrizione è un elemento chiave nella previdenza complementare: prima ci si iscrive, minori saranno le imposte da pagare al momento dell’erogazione. Un vantaggio concreto che premia la costanza e la pianificazione di lungo periodo.
TFR in azienda o fondo pensione dove conviene
  • Chi si iscrive a un fondo pensione negoziale o a specifici fondi individuati da accordi aziendali, può ottenere il contributo del datore di lavoro che noi di Ciao Elsa chiamiamo senza mezzi termini “soldi gratis”, cioè una somma che l’azienda versa nel tuo fondo pensione in aggiunta a quanto versi tu.

    È il tuo contratto di lavoro che definisce la percentuale di versamento del contributo aggiuntivo da parte della tua azienda e che, in base all’aliquota e al tuo reddito, può raggiungere anche i 300-500 € annui. Immaginando una carriera lavorativa di 30-40 anni, gli importi finali cominciano a raggiungere cifre tra i 9.000 e 20.000 € totali, a cui rinunci se non ti iscrivi!

    Vuoi sapere con precisione a quanto potrebbe corrispondere il contributo della tua azienda? Prova il Comparatore di Elsa: identifichi in modo semplice e gratis il fondo pensione più adatto al tuo profilo e, se previsto, quantifica il tuo contributo datoriale!
contributo datore lavoro quanto ti spetta
  • I versamenti aggiuntivi che ciascuno può scegliere di effettuare nel proprio fondo possono essere dedotti dal reddito imponibile IRPEF fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno, offrendo così un notevole risparmio fiscale durante la fase di accumulo.

    Quanto vale? 

    Riprendiamo il nostro esempio del lavoratore dipendente con un reddito imponibile di 30.000 € e ipotizziamo che effettui nell’anno un versamento di 2.000 € al fondo pensione. Sappiamo che, in base agli scaglioni IRPEF, la tassazione è così strutturata:
  • 23% fino a 28.000 euro di reddito annuo lordo
  • 35% sulla parte compresa tra 28.000 e 50.000 euro;
  • 43% oltre i 50.000 euro.

Grazie alla deduzione fiscale, il versamento di 2.000 euro riduce il reddito imponibile da 30.000 a 28.000 euro. Di conseguenza, il lavoratore non pagherà l’IRPEF su quella parte di reddito che ha destinato al fondo pensione.

Nel suo caso, risparmierà il 35% di 2.000 euro, ossia 700 euro di tasse in meno.

Un recente articolo del Corriere della Sera a firma di Andrea Carbone di Smileconomy e dal titolo Pensioni, perché conviene investire il Tfr (e non solo) nel fondo integrativo? Sconto sulle tasse ha inoltre analizzato i vantaggi fiscali della previdenza complementare, simulando il risparmio ottenibile con un versamento mensile al fondo pensione di 50, 150, 250 e 350 euro, in relazione alle diverse fasce di reddito e ai differenti scaglioni di IRPEF. 

Attenzione: se sei titolare di partita IVA con regime forfettario, potresti non avere diritto al beneficio fiscale. Ti invitiamo a partecipare ai nostri webinar gratuiti sulla previdenza complementare per partite IVA e lavoratori autonomi, per capire nel dettaglio come funziona e in quali casi si può comunque ottenere un vantaggio.

cos'è la deduzione fiscale

Tuttavia, questi benefici non bastano da soli per concludere che il fondo pensione sia sempre la scelta giusta. Ci sono infatti situazioni in cui potrebbe non essere lo strumento ideale, ad esempio quando si ha un orizzonte temporale troppo breve per beneficiare appieno dei suoi vantaggi fiscali e previdenziali oppure si prevede la necessità di poter rientrare rapidamente delle somme accantonate.

I fondi pensione nascono infatti per rispondere a una precisa esigenza: integrare la pensione pubblica e garantire, in futuro, un reddito adeguato quando si smetterà di lavorare. Proprio per questo motivo, le somme accantonate non sono immediatamente disponibili, come accade invece con un conto corrente o con strumenti finanziari più liquidi, come gli ETF.

Questo, però, non significa che il capitale accumulato nel fondo pensione sia del tutto “bloccato” fino alla pensione. La normativa (D.Lgs. n. 252 del 2005) prevede infatti diverse possibilità di accesso anticipato, tramite anticipazioni e riscatti.

Le anticipazioni consentono di utilizzare in parte il capitale del fondo prima del pensionamento, ma solo per motivi specifici, stabiliti dalla legge:

  • Spese sanitarie per sé, per il coniuge o per i figli, a seguito di gravi situazioni;
  • Acquisto o ristrutturazione della prima casa, propria o dei figli;
  • Qualunque altra esigenza personale, senza doverne specificare la motivazione.

L’anticipazione per spese sanitarie può essere richiesta in qualsiasi momento e gode della stessa tassazione agevolata prevista al momento della pensione (dal 15% al 9%, in base agli anni di partecipazione). Le altre due tipologie di anticipo, invece, richiedono almeno otto anni di iscrizione alla previdenza complementare e sono soggette a una tassazione separata del 23%.

Anche in questo ambito, la data di prima adesione al fondo pensione riveste un ruolo fondamentale: prima ci si iscrive, prima si maturano i requisiti per richiedere anticipi.

data prima iscrizione fondo pensione

Qualunque fondo pensione può inoltre essere riscattato, in tutto o in parte, in alcune situazioni particolarmente delicate, come la perdita del lavoro o l’insorgere di un'invalidità permanente. In alcuni casi, la normativa prevede specifiche forme di tutela anche dal punto di vista fiscale, per garantire un sostegno economico nei momenti di maggiore difficoltà.

riscatti fondo pensione

Attenzione: se sei un dipendente pubblico iscritto a un fondo pensione negoziale di categoria, ti suggeriamo di leggere anche il nostro approfondimento perché, te lo anticipiamo, tipi e modalità di anticipazioni e riscatti potrebbero essere differenti.

Fatto questo doveroso approfondimento, va detto che la previdenza complementare non è l’unica forma di risparmio nel lungo periodo con la quale si può costruire una “pensione di scorta”. 

Esistono strumenti di investimento più flessibili, come fondi comuni, ETF, azioni o obbligazioni, che possono essere utilizzati per costruire un capitale nel tempo, magari per raggiungere obiettivi intermedi (ad esempio, acquistare un’auto), per creare liquidità e per diversificare ulteriormente il patrimonio: aspetti che per chi inizia oggi a lavorare possono essere percepiti più urgenti rispetto a costruire un futura pensione

Quindi, dove conviene iniziare a investire? Il confronto tra fondo pensione e altri strumenti d’investimento non può essere risolto con una risposta valida per tutti. Ogni strumento è diverso, ciascuno con funzioni e obiettivi propri.

Il fondo pensione nasce per soddisfare un’esigenza previdenziale di lungo periodo: costruire una rendita integrativa che affianchi la pensione pubblica. Offre vantaggi fiscali difficilmente replicabili, soprattutto per i lavoratori dipendenti che possono contare anche sul versamento del TFR e sul contributo del datore di lavoro.

Altri strumenti d’investimento, come per esempio gli ETF, invece, sono strumenti finanziari più flessibili e liquidi, ideali per chi desidera gestire autonomamente i propri risparmi e diversificare gli investimenti. Permettono maggiore libertà operativa, ma non garantiscono gli stessi benefici fiscali né la finalità previdenziale tipica dei fondi pensione.

La scelta dipende poi da fattori personali: età, reddito, orizzonte temporale, tolleranza al rischio e capacità di mantenere nel tempo una strategia di investimento coerente.

Spesso, però, la soluzione migliore non è scegliere uno strumento a scapito dell’altro, ma combinare entrambi

Si può, ad esempio, aprire un fondo pensione, anche solo con un versamento minimo o con il TFR, per fissare la data di prima adesione e iniziare a maturare i benefici fiscali futuri, affiancando a questo un piano di risparmio per diversificare e mantenere flessibilità nel medio periodo.

La vera chiave è la consapevolezza: comprendere come funzionano i diversi strumenti, quali vantaggi offrono e quali limiti presentano.

In un mondo in cui il lavoro cambia rapidamente e la sicurezza economica dipende sempre più dall’iniziativa individuale, la prima busta paga non è solo un traguardo, ma un punto di partenza. È l’occasione per imparare a pianificare, risparmiare e investire con consapevolezza, ponendo le basi per una vita finanziaria solida e serena.

Se vuoi capire meglio come funziona il sistema pensionistico italiano e se la previdenza complementare può essere adatta al tuo caso, Ciao Elsa mette a disposizione due modalità di supporto:

Chiacchiera di gruppo
Un incontro collettivo gratuito, pensato per chi si trova in una situazione lavorativa simile alla tua. Un’occasione per confrontarsi, chiarire dubbi e acquisire maggiore consapevolezza sui temi della previdenza.

Elsa Premium Smart
Una consulenza individuale di un’ora, dedicata all’analisi dettagliata della tua posizione previdenziale. Ti aiuterà a comprendere come ottimizzare i contributi, valutare i fondi pensione e costruire la tua strategia di accumulo più efficace.

Link utili e approfondimenti

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