Il termine previdenza si riferisce all'insieme degli enti e delle attività gestite da organismi pubblici autorizzati che hanno l'obiettivo di assicurare a ogni cittadino i mezzi economici necessari per affrontare eventi che causano, o fanno prevedere, una perdita temporanea o permanente della capacità lavorativa, e quindi dell'abilità di generare un reddito autonomo.
All’interno degli eventi che portano all’erogazione di una forma di previdenza non devi solo considerare, ad esempio, l’insorgere di una malattia, ma anche la cessazione dell’attività lavorativa per il raggiungimento dell’età pensionabile: anche questa condizione determina, infatti, l’attivazione di una previdenza volta a garantire un supporto economico laddove non sussista più un reddito da lavoro.
Fatta questa doverosa premessa, puoi quindi vedere la previdenza come una sorta di “casetta” che per stare in piedi ha bisogno di tre pilastri.
Partiamo dal primo.
Esso è rappresentato dalla previdenza obbligatoria, costituita dalla pensione pubblica erogata dall’INPS oppure da quella data dalla cassa di previdenza obbligatoria (per le professioni che lo prevedono, quali medici o architetti, ad esempio), a cui sei tenuto a pagare i contributi durante tutto l’arco della tua vita lavorativa per poter successivamente avere una retribuzione quando sarai in pensione.
Il primo criterio per il calcolo della pensione che fa da spartiacque tra ciò che avveniva “prima” e ciò che avviene “adesso” è il momento in cui, in qualità di lavoratore, hai iniziato a maturare l'anzianità contributiva.
Il diritto ad avere una pensione si matura accumulando contributi nel tempo. Quindi, a partire dal tuo primo giorno lavorativo, si contano tutti i periodi di lavoro durante i quali hai regolarmente versato i contributi previdenziali.
Nello specifico, per conoscere il sistema di riferimento con cui sei andato o andrai in pensione, bisogna fare una distinzione sulla base di un anno preciso, ovvero il 1996.
Iniziando a maturare anni di anzianità contributiva prima di quest’anno si rientra (del tutto o in parte) nel sistema retributivo, che, come dice la parola stessa, si basava sulla media delle ultime retribuzioni, mentre per coloro che hanno iniziato dal 1996 in poi, si rientra nel sistema contributivo.
Con il calcolo retributivo, l'importo della pensione era legato alle retribuzioni percepite dal lavoratore esclusivamente guardando gli ultimi anni di lavoro: l’obiettivo, infatti, era quello di mantenere una proporzionalità tra l'ultimo stipendio e la pensione che si sarebbe poi andata a percepire.
Insomma, a livello previdenziale contava poco che tu lavorassi e guadagnassi tanto o poco durante la maggior parte della tua vita professionale: gli unici anni lavorativi che contavano davvero erano solo gli ultimi.
Oggi, invece, si va in pensione solo ed esclusivamente col sistema contributivo, dove ci si basa sui contributi versati dal lavoratore durante tutta la sua vita lavorativa.
La pensione, infatti, viene calcolata in base all'ammontare totale dei contributi accumulati e all'età del pensionamento.
Secondo questo modello, più contributi si versano in termini di euro e di anni, maggiore sarà l'importo della pensione stessa.
Questo sistema mira a essere sostenibile nel lungo termine, adeguando le prestazioni ai contributi effettivamente versati.
Tutto questo rientra nel primo pilastro ed è ciò che andremo ad approfondire in questo articolo, ma per completezza di informazioni, vogliamo semplicemente accennarti da cosa sono composti gli altri due pilastri che sorreggono quella che definiamo la “casetta della previdenza”.
Il secondo pilastro è rappresentato dal TFR. Esso è utilizzabile da tutti i dipendenti del settore pubblico o privato, ma non da coloro che sono inquadrati come professionisti in regime sia forfettario che ordinario, né dagli imprenditori.
Il TFR può essere lasciato in azienda oppure essere indirizzato in un fondo pensione, così che, in entrambi i casi, possa col tempo rivalutarsi e aumentare di valore.
Il terzo pilastro è, invece, rappresentato da ciò che possono (e che dovrebbero) fare tutti, agendo nell’ottica di creare delle strategie che permettano di agevolare ancor di più il sostentamento una volta giunti al momento in cui si andrà in pensione, visto che non si avrà più una fonte di reddito a cui fare affidamento.
Qui, l’intento è quello di versare di tasca propria dei soldi in più rispetto a quelli che già si destinano alla previdenza, in modo da avere due vantaggi: aumentare nel tempo la quota di cui beneficerai una raggiunta la pensione e, poi, sfruttare le deduzioni fiscali per abbassare le tasse che dovrai pagare ogni anno.
Sistema contributivo
Il sistema contributivo è un metodo di calcolo della pensione basato sui contributi effettivamente versati all’INPS (o alla cassa di riferimento in quanto professionista in ambiti specifici, quale medico o architetto) durante la tua intera carriera lavorativa.
Questo sistema è stato introdotto in Italia con la riforma Dini del 1995 (Legge n. 335/1995) e rappresenta un cambiamento significativo rispetto al precedente sistema retributivo.
Dal 1996 in poi, quindi, siamo tutti nel sistema contributivo, secondo il quale la pensione si calcola in proporzione a quanti contributi avremo versato nel corso di tutta la nostra carriera lavorativa.
Come funziona questo sistema?
Versi dei soldi, i famosi contributi, verso la tua cassa di riferimento (INPS o altre in base alla professione specifica) e in cambio ti verrà dato qualcosa, al verificarsi di alcuni eventi, primo tra tutti il raggiungimento dell’età pensionabile.
I contributi che hai versato durante tutti gli anni di lavoro derivano in parte da ciò che ti viene trattenuto in busta paga, in quanto dipendente, e in parte da ciò che versa il datore di lavoro.
Ogni anno di lavoro e ogni contributo versato concorrono a costruire il montante contributivo, ovvero la somma totale dalla quale l’INPS (o la cassa di riferimento), una volta terminata l’attività lavorativa, ti calcolerà la pensione di cui beneficerai.
Tieni anche presente che il totale dei contributi versati (da te e dal datore di lavoro) viene rivalutato annualmente in base all'andamento del PIL (Prodotto Interno Lordo) del Paese. Quindi il montante è l'accumulo delle somme versate, aggiornate così da riflettere la crescita economica italiana.
Al momento del pensionamento, il montante contributivo viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione, che varia in base all'età del lavoratore al momento del pensionamento. Questo coefficiente tiene conto della speranza di vita residua, ovvero più tardi andrai in pensione e più alto sarà il coefficiente quindi, di conseguenza, più alto sarà anche l'importo della pensione stessa.
Se, invece, sei un lavoratore autonomo o un libero professionista, i contributi li dovrai pagare da solo versandoli tramite il modello F24, ovvero quello strumento utile e obbligatorio per adempiere agli obblighi contributivi e fiscali, consentendo così il pagamento di diverse tipologie di tributi e contributi in modo unificato.
Prendiamo adesso l’esempio di un lavoratore dipendente, anche se la logica applicata vale per tutti.
Ogni anno, proprio perché si è in qualità di dipendente, viene versato all’INPS il 33% del tuo reddito annuo lordo, o meglio dell’imponibile previdenziale.
Qui sotto puoi vedere tale voce presente nel CUD (Certificazione Unica dei redditi di lavoro Dipendente) così da poter successivamente fare i tuoi calcoli.
Ma chi lo versa quel 33% all’INPS?
C’è da fare una distinzione: il 9,19% (del 33%) è la quota che ti viene trattenuta ogni mese dalla busta paga, mentre il restante 23,81% lo versa il datore di lavoro (questo è infatti uno dei motivi per cui in ambito lavorativo è comune sentir dire che “i dipendenti costano tanto all’azienda”).
Come controllare se sono sempre stati versati i contributi: consultare l'estratto conto contributivo INPS
Se nel corso della tua carriera lavorativa volessi accertarti e verificare che ti stiano versando i contributi siano sempre versati correttamente, puoi, sia che tu sia un lavoratore dipendente sia che tu sia un lavoratore autonomo o libero professionista, accedere al sito INPS con identità digitale e scrivere nella barra di ricerca “consultazione estratto conto contributivo/previdenziale”.
Ti apparirà come prima tra le voci. A questo punto clicca su “Approfondisci”.
Ora che sei dentro alla pagina, premi “Utilizza lo strumento”.
Quindi clicca nuovamente su "Utilizza lo strumento” dal box “Cittadini”.
Accedendo al servizio troverai l’elenco, riga per riga, dei tuoi anni di lavoro (espressi in settimane)e del reddito lordo che hai percepito ai fini del calcolo contributivo (cd. imponibile previdenziale). Alla colonna “azienda” troverai, se sei un dipendente, come nell’esempio qui sotto riportato, il tuo datore di lavoro.
Avrai davanti questo tipo di visualizzazione perché i contributi si calcolano, nella maggior parte dei casi, in settimane. Un anno contributivo completo corrisponde perciò a 52 settimane.
Su quel reddito, se sei un dipendente, va applicato quel 33% così che potrai subito scoprire in maniera precisa quanti soldi, a oggi, sono versati a tuo nome.
Ogni categoria professionale ha la sua aliquota contributiva, cioè la percentuale di contributi sul reddito prevista in base alla propria posizione lavorativa.
Ecco il link aggiornato che rimanda al sito dell’INPS dove puoi trovare l’elenco completo per tutte le categorie professionali e le loro percentuali di contributi previste sui redditi.
Come si calcola la pensione nel contributivo
Una volta che vengono versati nel nostro personale cassetto dell’INPS tutti i contributi per una vita lavorativa intera, cosa succede?
Insomma, cosa accade dopo aver versato l’ultimo contributo ed essere andato in pensione?
Per rispondere a queste domande facciamo un esempio pratico, prendendo per comodità delle cifre tonde, con cui tutto è più semplice da capire.
Ipotizziamo tu sia un dipendente (che ha iniziato a lavorare post 1996, quindi che ha lavorato esclusivamente nel periodo che coincide col sistema di calcolo contributivo, e che ha avuto per i primi 20 anni lavorativi una RAL media (retribuzione annua lorda) di 20.000€, e per gli ultimi 20 anni di lavoro una RAL media di 40.000€.
Il tuo ultimo reddito lordo potrebbe essere pari a 45.000 €.
Ma consideriamo i redditi medi che hanno caratterizzato la tua vita da lavoratore, troverai nel tuo cassetto INPS una somma di 400.000€.
Perché?
La media sui 40 anni è di 30.000€/anno, perché per esattamente la metà del tempo in cui hai lavorato ha preso una RAL media di 20.000€ annui mentre per l’altra esatta metà del tempo una RAL media di 40.000€ all’anno.
Calcolando il 33% da quella RAL media di 30.000€, troverai che i contributi versati annualmente ammontano a 10.000€ (abbiamo arrotondato per semplicità).
Ora manca solo l’ultimo passaggio.
10.000€/annui di contributi versati moltiplicati per 40 anni fa esattamente 400.000€.
Questa è la somma che troverai presente nel tuo cassetto previdenziale INPS.
Attenzione: ricorda che sono cifre indicative ed esempi solo per farti capire il meccanismo di funzionamento, ma nella realtà le RAL sono variabili, dato che , di anno in anno, possono subire maggiori o minori oscillazioni in base a straordinari, eventuali premi aziendali, ferie non godute e pagate in busta, ecc.
Ma torniamo all’esempio e ipotizziamo che questa sia la tua situazione quando, a , 67 anni, terminerai il tuo percorso lavorativo, avendo 45.000€ lordi di ultima RAL e quel totale di 400.000€ versato nel corso del tempo nel cassetto dell’INPS.
È giunto finalmente il momento in cui potrai chiedere di “riscuotere” i suoi soldi versati.
Il punto è che l’INPS non ti restituirà tutti i 400.000€ in una volta sola, bensì lo Stato stesso guarderà la media della speranza di vita in quel preciso momento storico, e creerà l’assegno pensionistico.
Proviamo a vedere cosa accadrebbe nell’esempio proposto applicando la speranza di vita corrente per un pensionato 67enne.
Intanto, qui sotto puoi consultare i “coefficienti” di trasformazione pubblicati a dicembre 2023 dall’INPS.
Ad oggi, avendo 67 anni, trasformeresti i tuoi 400.000€ in circa 23.000€ lordi all’anno.
Questo perché si applica il coefficiente relativo di 5,723%. Il calcolo che ne risulta è:
400.000€ * 5,723% = 22.892€ (circa 23.000€ per semplificare)
A questa cifra viene successivamente anche applicato un coefficiente legato alla media degli ultimi 5 anni di PIL (Prodotto Interno Lordo) del nostro Paese.
Più il PIL è alto e più la pensione si alzerà, ma all’opposto più il PIL è basso e più la pensione che riceverai si abbasserà.
Per semplicità, nel continuo dell’esempio non è stato applicato alcun coefficiente relativo al PIL a quei circa 23.000€ lordi annui, ma è comunque importante che tu sia al corrente di tutto il processo che avviene nella realtà.
Avevamo ipotizzato guadagnassi 45.000€ di RAL annua nell'ultimo anno da dipendente. Nel momento in cui vai in pensione ti trovi quindi con circa 23.000€ lordi annui, ovvero poco più del 50% rispetto alla tua ultima retribuzione
C’è però da precisare che questo non è un calcolo preciso al centesimo, ma è solo un esempio per farti capire meglio il meccanismo con il quale potresti andare in pensione.
Tornando quindi alla domanda iniziale: che pensione potrei aspettarmi col sistema contributivo?
Con tale sistema, l’assegno pensionistico sarà inferiore al tuo ultimo stipendio, rappresentando, mediamente, il 50-60% del reddito annuo lordo che eri abituato a percepire fino all’ultimo anno lavorativo prima di andare in pensione.
Quindi il primo pilastro da solo non regge la “casetta” previdenziale di cui abbiamo parlato all’inizio.
Per questo esiste una legge, quella sui fondi pensione (d. Lgs. 252/2005), che prevede gli altri due pilastri: la normativa sul TFR (che hanno solo i dipendenti) e il terzo pilastro, cioè il risparmio per la pensione, che noi chiamiamo anche “aiutati che il ciel t’aiuta”.
Questi due pilastri servono per tutelare il tetto della nostra casetta quando andremo in pensione, e far sì che non ci cada in testa.
Sistema retributivo e misto
Prima dell’introduzione del sistema contributivo esisteva quello retributivo. Nello specifico, esso si applica ai lavoratori che al 31 dicembre 1995 hanno maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni.
Affinché tu avessi potuto godere di una pensione calcolata sulla base del sistema retributivo, tutti quei 18 anni dovevano aver concorso al versamento dei contributi. Altrimenti, per ogni anno in cui nessun contributo fosse stato maturato, avresti dovuto far slittare quel periodo di un anno indietro.
Ovviamente, questa non è l’unica casistica. Ci sono infatti persone che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1996, ma non così tanto in là nel tempo da aver già accumulato un minimo di 18 anni di anzianità contributiva.
Questi lavoratori saranno perciò inquadrati nel sistema misto, ovvero i contributi versati fino al ‘96 saranno gestiti in maniera retributiva, mentre i contributi versati dal '96 in poi saranno soggetti a un calcolo di pensione eseguito basandosi sul sistema contributivo.
Insomma, si trovano in una sorta di ibrido.
Esiste poi un’altra data importante da tenere a mente, ovvero lo spartiacque determinato dal 2012.
Infatti, il solo fatto di andare in pensione dopo il 31 dicembre 2011, nonostante fossi stato un lavoratore con almeno 18 anni di contributi versati regolarmente prima del 1996 (e quindi, per quanto detto sinora, saresti dovuto andare in pensione al 100% col sistema retributivo), ti avrebbe portato ad un’altra soluzione mista.
Ovvero, tutti i contributi maturati fino a quel 31 dicembre 2011 sarebbero stati soggetti a calcolo secondo sistema retributivo, mentre tutti gli altri contributi che avresti versato dal 2012 fino alla data della pensione avrebbero subito un calcolo sulla base del sistema contributivo.
Vediamo adesso come funziona il sistema di calcolo retributivo.
Mentre con il contributivo si guardano i contributi versati, con il retributivo ci si basa sulle retribuzioni (cioè gli stipendi, i compensi o i redditi dichiarati). Per la precisione, fanno fede i redditi percepiti negli ultimi anni di attività, che in linea di massima e nella maggior parte dei casi, corrispondono ai redditi più alti dell’intera vita lavorativa.
Insomma, il retributivo si basa su due punti chiave:
- l'anzianità contributiva, data dal totale dei contributi versati per un massimo di 40 anni, e che il lavoratore può far valere nel momento stesso in cui fa la richiesta di pensionamento
- la retribuzione (o reddito) pensionabile, data dal valore medio delle RAL percepite negli ultimi anni di attività lavorativa
3.1 Sistema contributivo e retributivo a confronto: caratteristiche e differenze
Ci teniamo a ricordarti che questi sistemi non sono paragonabili tra loro, per il semplice motivo che il sistema retributivo fa ormai parte del passato (quindi non si andrà più in pensione seguendo quel modello), mentre quello contributivo è l’unico attualmente in vigore e col quale potrai, un giorno, determinare il calcolo della tua pensione.
Se, però, volessimo fare un confronto puramente teorico sulle peculiarità di ciascuno dei due, potremmo dire che:
- Il sistema contributivo, rispetto a quello retributivo, riflette con maggior equità la proporzione tra contributi versati durante tutta la vita lavorativa e pensione percepita una volta smesso di lavorare. Questo perché tale sistema tende a restituire i contributi effettivamente versati durante l’intera carriera lavorativa.
- Il metodo di calcolo adottato nel contributivo aumenta le chance di sostenibilità dell’intero sistema pensionistico nel medio/lungo periodo. Il passaggio da retributivo a contributivo è stato operato anche per via del fatto che il primo sistema era notevolmente meno sostenibile di quello che abbiamo oggi.
- Il calcolo della pensione basandosi sull’attuale sistema contributivo comporta che avremo una pensione significativamente inferiore rispetto al nostro ultimo reddito. Con il retributivo, infatti, si arrivava ad avere pensioni pari anche al 70-80% dell’ultima RAL, mentre col contributivo si scende a circa il 50-60% (anche per questo ha senso costruirsi gli altri pilastri della “casetta della previdenza”).
CONCLUSIONI
Comprendere meglio le tematiche che ruotano attorno alla previdenza ti sarà utilissimo per poterti garantire una maggior stabilità economica durante la pensione.
La prima cosa da cui devi iniziare a familiarizzare sono i tre pilastri principali che la compongono:
- la previdenza obbligatoria
- il TFR
- il risparmio personale
Più nel dettaglio, è quanto mai utile cominciare anche a capire come funzionano i sistemi di calcolo della pensione, sia quello contributivo che quello retributivo, così da pianificare adeguatamente il tuo futuro finanziario.
Il sistema contributivo calcola la pensione in base ai contributi effettivamente versati durante tutta la carriera lavorativa. Questo sistema è l’unico attualmente in vigore e riflette con maggiore equità il rapporto tra i contributi versati e la pensione percepita, contribuendo alla sostenibilità del sistema pensionistico nel lungo termine.
Tuttavia, comporta un assegno pensionistico generalmente inferiore rispetto all'ultimo stipendio lavorativo percepito, solitamente pari al 50-60% del reddito annuo lordo.
Il sistema retributivo, applicato ai lavoratori con almeno 18 anni di contributi maturati entro il 31 dicembre 1995, calcolava la pensione sulla base delle ultime retribuzioni percepite.
Questo sistema, ormai superato e non più in uso, garantiva pensioni un po’ più elevate, pari anche al 70-80% dell'ultima RAL, ma risultava meno sostenibile nel lungo periodo.
Esistono anche situazioni di sistema misto, per situazioni particolari di lavoratori che si trovavano “a cavallo” tra i due sistemi menzionati prima. In questi casi, la pensione è calcolata con una combinazione tra metodo retributivo e contributivo, a seconda dei periodi lavorativi considerati.
Per garantirti una pensione adeguata e mantenere uno standard di vita confortevole, è cruciale che tu sappia sin da oggi che non puoi più affidarti esclusivamente alla previdenza obbligatoria (quella erogata dall’INPS o da un’altra cassa di riferimento specifica).
Diventa perciò importante considerare anche il secondo pilastro (TFR) e il terzo pilastro (risparmio personale) per integrare il reddito pensionistico.
Pianificare in anticipo e adottare strategie di risparmio previdenziale aggiuntivo ti aiuterà a colmare il gap pensionistico e a raggiungere una maggiore sicurezza finanziaria.
Noi di Ciao Elsa siamo qui per supportarti a qualsiasi livello così da farti comprendere al meglio ogni aspetto per utile della previdenza. Ti forniamo informazioni dettagliate e assistenza personalizzata per aiutarti a prendere decisioni consapevoli e costruire una strategia pensionistica solida. Esplorando nel dettaglio tutte le opzioni disponibili, ti permettiamo di pianificare con cura il tuo futuro finanziario e farti vivere serenamente gli anni in cui sarai in pensione.