Pensione da piccoli: le esperienze europee e italiane per iniziare subito a risparmiare

Quando parliamo di pensione, la mente corre quasi sempre in avanti, alla terza vecchiaia: la routine di un caffè al bar, il tempo libero dedicato agli hobby, la possibilità di viaggiare e godersi un meritato riposo dopo decenni di lavoro. 

Difficilmente associamo il tema previdenziale all’infanzia, e ancor meno a un neonato che, mentre dorme nella culla, ha già avviato un percorso verso la propria pensione. 

Eppure, in un’Europa segnata da un forte invecchiamento della popolazione e da sistemi pensionistici sempre più sotto pressione, l’idea non è affatto campata in aria. Anzi, alcuni Paesi e persino alcune regioni italiane hanno già avviato esperimenti concreti che vanno in questa direzione. 

Tutto parte da una domanda cruciale: se la sostenibilità delle pensioni pubbliche è sempre più incerta, non sarebbe opportuno iniziare a costruire il futuro previdenziale dei cittadini di domani fin dalla nascita?

A questa domanda abbiamo già iniziato a dare una prima risposta con un approfondimento per conoscere i pro e i contro di aprire un fondo pensione con un figlio minorenne

Ora, invece, ci addentriamo ancora di più nell’argomento.

La crisi demografica: un fantasma che pesa sul futuro delle pensioni

La questione di fondo è nota, ma spesso sottovalutata: i tassi di natalità sono in costante calo, e l’Italia rappresenta uno degli esempi più estremi. Nel 2024 il nostro Paese ha registrato il numero di nascite più basso dall’Unità d’Italia, con poco più di 370 mila bambini. Una cifra che non riesce neanche lontanamente a compensare l’invecchiamento della popolazione.

Nei sistemi pensionistici a ripartizione, come quello italiano, nei quali i contributi versati dai lavoratori attivi vengono immediatamente utilizzati per pagare le pensioni correnti, il problema è evidente: meno nascite oggi significano meno lavoratori domani e, di conseguenza, meno contributi per finanziare le pensioni future

A questo squilibrio demografico si somma l’aumento dell’aspettativa di vita, che porta le persone a percepire la pensione per un numero sempre maggiore di anni.

Il risultato è un sistema previdenziale sotto pressione, che si traduce in:

  • Riduzione dei tassi di sostituzione: il rapporto tra l’assegno pensionistico e l’ultima retribuzione tende a calare. Nel sistema contributivo, se la vita media si allunga, i contributi accumulati in carriera devono essere distribuiti su un periodo più lungo, determinando assegni più bassi.

  • Innalzamento dell’età pensionabile: per evitare che i contributi non siano sufficienti a garantire trattamenti adeguati, entrano in gioco meccanismi di adeguamento automatico alle speranze di vita. Questo significa spostare sempre più in avanti la data di pensionamento.

  • Maggiore incertezza per i giovani: le nuove generazioni crescono con la percezione che la pensione sarà più lontana, meno generosa e più incerta rispetto a quella dei loro genitori.

In questo contesto, iniziative che affiancano alla previdenza pubblica strumenti di integrazione fin dalla nascita non sono solo soluzioni originali, ma possono rivelarsi decisive per garantire un futuro pensionistico più sicuro.

La “paghetta previdenziale” tedesca: un seme piantato dall’inizio della scuola

Un esempio particolarmente innovativo arriva dalla Germania, dove il governo ha proposto l’introduzione di una vera e propria “paghetta previdenziale” per i bambini

L’idea è semplice ma rivoluzionaria: a partire dai sei anni, ogni bambino riceverebbe 10 € al mese destinati non al consumo immediato, ma a un fondo previdenziale gestito dallo Stato o da un’autorità pubblica.

Il contributo, pur modesto, si accumulerebbe per decenni, integrato poi da nuovi versamenti dell’iscritto trasformandosi, grazie all’interesse composto, in un capitale significativo da utilizzare al momento della pensione. 

A colpire non è tanto l’importo, di per sé non sufficiente a risolvere il problema di fondo, quanto la logica sottostante: segnerebbe un cambio radicale di prospettiva, trasformando la previdenza da tema individuale e adulto a percorso condiviso e avviato fin dai primi anni di vita.

Il modello trentino: la “dote previdenziale” come welfare innovativo

Non serve, però, guardare per forza oltreconfine. Anche in Italia emergono esperimenti interessanti. 

Il Trentino ha introdotto una misura altrettanto unica che punta a costruire una vera e propria “dote previdenziale” per i bambini.

La nuova legge regionale introduce un sostegno economico destinato a ogni bambino nato, adottato o affidato, con l’obiettivo di favorire fin da subito l’apertura di una posizione di previdenza complementare a suo nome

Il contributo iniziale è fissato in 300 € al momento della nascita, dell’adozione o dell’affidamento, e viene versato direttamente nel fondo pensione intestato al minore. Per i quattro anni successivi è previsto un ulteriore incentivo di 200 € all’anno, a condizione che la famiglia versi almeno 100 € nello stesso periodo. 

Non si tratta di una misura valida solo per i nuovi nati. Il beneficio, infatti, verrà riconosciuto anche ai bambini che al 1° gennaio 2025 non abbiano ancora compiuto cinque anni o siano stati adottati o affidati da meno di cinque anni.

Per accedere all’agevolazione è necessario che il richiedente risieda da almeno tre anni in un comune della Regione, mentre il minore deve essere residente al momento della nascita o acquisire la residenza con l’adozione o l’affidamento. Anche nei successivi anni di erogazione, sarà indispensabile mantenere la residenza stabile sul territorio. 

Si tratta di un esempio concreto di welfare di lungo periodo, che non si limita a sostenere le famiglie nel presente, ma investe direttamente nel futuro previdenziale delle nuove generazioni.

Friuli Venezia Giulia: la previdenza integrativa per minorenni ma attenzione al reddito

Anche il Friuli Venezia Giulia ha adottato un approccio simile, pur con alcune differenze. 

In questo caso, la Regione eroga 200 € all’anno per ogni figlio minore, ma l’accesso è vincolato a due condizioni:

  1. che la famiglia abbia versato almeno 300 € nel fondo pensione intestato al minore;
  2. sia in possesso della “Carta famiglia” regionale;
  3. l’ISEE non superi i 35.000 euro.

Rispetto al modello trentino, quello friulano è dunque più mirato alle famiglie con redditi medio-bassi, con l’obiettivo di evitare che la previdenza complementare diventi un privilegio per chi ha già capacità di risparmio. 

Anche qui, però, il messaggio è chiaro: la previdenza non deve iniziare quando si entra nel mondo del lavoro, ma può e deve essere un percorso costruito nel tempo.

Perché questi modelli sono importanti

Guardando a queste esperienze, emergono alcuni elementi di fondo che meritano di essere sottolineati:

  • Educazione previdenziale precoce: avviare il percorso fin dall’infanzia significa introdurre una cultura del risparmio e della previdenza che accompagna il cittadino per tutta la vita.

  • Effetto tempo e interesse composto: 10 € al mese per sessant’anni, anche con un rendimento annuo modesto, possono crescere in maniera esponenziale, mostrando quanto il fattore temporale sia decisivo negli investimenti previdenziali.

  • Sostegno aggiuntivo: la rendita derivante dalla conversione dell’importo finale non sostituisce la pensione pubblica, ma la integra, diventando un cuscinetto prezioso in un’epoca di prestazioni in costante calo.

  • Responsabilità collettiva: lo Stato non si limita a garantire un sistema pubblico, ma partecipa attivamente alla costruzione di una previdenza complementare universale e inclusiva.

Cosa si potrebbe fare a livello nazionale

La domanda che sorge spontanea è: perché limitarsi a iniziative locali o a proposte ancora sperimentali? Se la previdenza è una questione nazionale, non dovrebbe esserlo anche la risposta?

Un intervento in questa direzione è stato recentemente presentato dal Presidente COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), Mario Pepe, che ha riportato al centro del dibattito l’idea di un “bonus previdenziale” nazionale alla nascita

L’idea è semplice: creare automaticamente fin dai primi giorni di vita un “salvadanaio previdenziale” a nome del bambino, alimentato da un contributo statale iniziale e che possa poi essere alimentato nel tempo con versamenti fiscalmente deducibili

Non solo i genitori, ma anche i familiari più vicini, come nonni e zii, avrebbero la possibilità di contribuire, trasformando le tradizionali “mance” in uno strumento moderno e utile, una sorta di evoluzione del vecchio libretto di risparmio.

La proposta di Pepe apre inoltre a una prospettiva interessante: una volta compiuta la maggiore età, il capitale accumulato potrebbe essere utilizzato non solo per finalità previdenziali, ma anche per sostenere spese legate alla formazione, come gli studi universitari o percorsi di specializzazione. 

Al momento siamo ancora di fronte a un’ipotesi, ma il fatto stesso che sia entrata nel dibattito pubblico indica che la proposta viene considerata con attenzione e potrebbe trasformarsi in una misura concreta.

Se vuoi approfondire il tema, è recente la nostra intervista su Donna Moderna dove spieghiamo il nostro punto e rispondiamo alla fatidica domanda "perché aprire un fondo pensione a tuo figlio?". Leggi qui la risposta!

E nel frattempo?

Forse non tutti sanno che già oggi è possibile aprire un fondo pensione anche per un bambino molto piccolo. In questo caso l’aderente è il minore, ma naturalmente la firma e la gestione spettano al genitore. Una scelta che porta con sé vantaggi importanti nel lungo periodo.

Il primo beneficio riguarda la data di prima adesione: basta un versamento iniziale, anche minimo (ad esempio 100 o 200 €), per fissarla e permettere al figlio, una volta in pensione, di accedere all’aliquota fiscale più bassa prevista per la previdenza complementare, pari al 9%.

È un’opportunità che si conquista solo se tra l’apertura del fondo e il momento del pensionamento passano almeno 35 anni.

Chi desidera, oltre a “bloccare la data”, può anche versare regolarmente nel fondo del figlio, beneficiando in prima persona della deduzione fiscale. In pratica, i contributi versati sono deducibili entro un limite massimo complessivo di 5.164,57 € all’anno per ciascun genitore.

Infine, se per qualche motivo i versamenti non vengono dedotti, non è un problema: basta compilare l’apposito modulo di “contributi non dedotti e, al momento della prestazione, il figlio non pagherà alcuna imposta su quelle somme.

Conclusioni

Il futuro delle pensioni in Europa, e in particolare in Italia, si gioca su due variabili: 

  • la demografia;
  • la capacità di integrare il sistema pubblico con forme di previdenza integrativa

Sul primo fronte, i dati parlano chiaro e non lasciano molto spazio all’ottimismo. Sul secondo, invece, abbiamo margini di azione.

Le esperienze della Germania, del Trentino e del Friuli Venezia Giulia dimostrano che è possibile introdurre misure innovative, capaci di trasformare la previdenza da un tema percepito come lontano a un percorso quotidiano, familiare e, soprattutto, inclusivo.

Detto questo, crediamo sia fondamentale che ogni giovane cittadino o adulto debba avere la possibilità di orientarsi con consapevolezza nelle proprie scelte previdenziali. Per farlo servono informazioni chiare, trasparenti e facilmente comprensibili sui meccanismi e sui vantaggi della previdenza complementare.

È proprio da questa esigenza che nasce Ciao Elsa: un progetto pensato per spiegare in modo semplice e accessibile temi che solitamente vengono percepiti come complicati o noiosi, come il TFR e i fondi pensione. 

Oggi in Italia la maggior parte degli aventi diritto (circa due persone su tre) non ha ancora aderito a un fondo pensione e il principale ostacolo resta la carenza di informazione.

Ecco perché la missione di Ciao Elsa è quella di fornire informazioni imparziali e affidabili, così che ogni persona possa decidere, per se stessa e per i propri cari, se e quando aderire alla previdenza complementare. 

Vorremmo però che un concetto fosse ben chiaro: la pensione non comincia a 67 anni, ma molto prima, fin dall’infanzia e dal patrimonio di scelte e opportunità che ereditiamo.

Se davvero vogliamo assicurare alle nuove generazioni una vecchiaia serena, dobbiamo avere il coraggio di iniziare a investire oggi, trasformando il risparmio previdenziale in un’abitudine naturale e condivisa. 

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