
Nel dibattito sempre più acceso sulla sostenibilità del sistema pensionistico pubblico, una proposta del sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon riporta l’attenzione sul Trattamento di Fine Rapporto (TFR) destinato al Fondo di Tesoreria dell’INPS.
Ma di cosa si tratta esattamente? E perché se ne parla in ottica previdenziale?
TFR e Fondo di Tesoreria INPS: un chiarimento sul regolamento
Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è una somma che il datore di lavoro accantona anno dopo anno per ciascun dipendente e che viene corrisposta al termine del rapporto di lavoro, indipendentemente dalla causa dell’interruzione (dimissioni, licenziamento, pensionamento).
Il TFR rappresenta una forma di retribuzione differita e viene calcolato accantonando, ogni anno, una quota pari a circa il 6,91% della retribuzione lorda annuale.
All’assunzione, il lavoratore può valutare se:
- destinarlo a un fondo pensione con l’obiettivo di costruirsi una pensione integrativa
- lasciarlo in azienda, se l'azienda è stata fondata a partire dal 2007 e aveva meno di 50 dipendenti nel primo anno di attività oppure in caso di azienda fondata prima del 2007 che aveva meno di 50 dipendenti nell'anno 2006
- se lavora in un’azienda con almeno 50 dipendenti, e non sceglie un fondo pensione, il TFR viene automaticamente versato al Fondo di Tesoreria INPS
Se sei interessato ad approfondire le differenze tra mantenere il TFR in azienda o destinarlo ad un fondo pensione, ecco il nostro approfondimento: TFR in azienda o nel fondo pensione: quale conviene davvero e perché!
Il Fondo di Tesoreria INPS è una gestione separata istituita nel 2007, in cui le medio-grandi aziende depositano i TFR maturati dai dipendenti che non hanno optato per un fondo pensione.
Attualmente, non esistono differenze fiscali o normative per i lavoratori di aziende con meno o più di 50 dipendenti in merito al Trattamento di Fine Rapporto.
L’unica eccezione significativa riguarda la gestione del cosiddetto “TFR pregresso”. Quando un lavoratore sceglie di destinare il proprio TFR a un fondo pensione, il versamento riguarda esclusivamente il TFR “maturando”, ossia quello che si accumula dal momento dell’adesione in poi.
Per quanto riguarda, invece, il TFR già maturato prima dell’iscrizione (detto appunto “pregresso”), negli anni si è venuta a creare una disparità.
Solo i lavoratori di aziende con meno di 50 dipendenti, che hanno mantenuto il TFR in azienda, possono eventualmente concordare con il datore di lavoro il trasferimento totale di queste somme pregresse al fondo pensione.
Al contrario, con messaggio 413 del 4 febbraio 2020, l'INPS ha chiarito che questa possibilità non è prevista per i lavoratori di aziende con più di 50 dipendenti, il cui TFR è stato versato al Fondo di Tesoreria INPS.
Resta valida, per tutti i lavoratori, la possibilità di richiedere un’anticipazione del TFR in determinate situazioni. La normativa individua alcuni casi specifici, come l’acquisto della prima casa o spese sanitarie di particolare gravità. Oltre a questi, può esserci un margine di negoziazione con il datore di lavoro per ulteriori richieste, nei limiti previsti dalla legge e dalle politiche aziendali.
Al momento della liquidazione, il TFR non destinato al fondo pensione (sia che sia mantenuto in azienda o che sia versato al Fondo di Tesoreria INPS) è assoggettato a tassazione separata, calcolata sulla base della media delle aliquote IRPEF applicate nei cinque anni precedenti l’erogazione.
TFR e Fondo Tesoreria INPS: la proposta Durigon cambia le regole?
Le recenti dichiarazioni del sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, vanno nella direzione di un cambio di paradigma per il TFR accantonato nel Fondo di Tesoreria INPS.
Consapevole che le somme conferite dalle aziende per conto dei lavoratori non possono essere trasferite ai fondi pensione complementari senza impatti sui conti pubblici, Durigon apre alla possibilità di impiegare quel "tesoretto" per rafforzare il sistema previdenziale pubblico.
L’idea è di trasformare il TFR in una risorsa previdenziale a tutti gli effetti, vincolata alla produzione di rendite da destinare al pensionamento, piuttosto che mantenerlo come liquidità disponibile per il lavoratore.
In sostanza, si tratterebbe di convertire una forma di risparmio “latente” in un meccanismo obbligatorio di integrazione pensionistica, capace di sostenere le future esigenze previdenziali.
L’obiettivo dovrebbe essere duplice:
- Rafforzare le pensioni future, soprattutto dei più giovani e dei lavoratori con carriere discontinue
- Favorire forme di flessibilità in uscita, ad esempio favorendo l’accesso alla pensione anticipata contributiva che consentirebbe di ridurre l’età anagrafica necessaria per accedere al pensionamento
Al momento non sono ancora disponibili ulteriori dettagli operativi, ma è chiaro che un modello di questo tipo inciderebbe in modo significativo sulla disponibilità del TFR per il lavoratore.
In particolare, verrebbero meno le possibilità oggi previste dalla normativa di richiedere anticipazioni, ad esempio per spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa.
Anche la liquidazione del TFR alla cessazione del rapporto di lavoro, se avvenisse prima del pensionamento, potrebbe essere limitata.
Il trattamento di fine rapporto verrebbe così trasformato in un capitale vincolato, accessibile solo al momento del pensionamento e destinato esclusivamente a finalità previdenziali.
La proposta Durigon non sembrerebbe quindi volta a impattare su chi oggi ha scelto di aderire alla previdenza complementare mediante il conferimento del TFR ai fondi pensione, quanto piuttosto trovare una soluzione alternativa per chi, per scarsa informazione o scelta, non ha ancora destinato il proprio TFR a una forma pensionistica.
Molti aspetti restano ancora indefiniti.
Ad esempio: il nuovo modello coinvolgerebbe anche il TFR mantenuto nelle disponibilità delle aziende, oppure si applicherebbe solo a quello già conferito al fondo di tesoreria INPS?
E ancora: quale regime fiscale verrebbe adottato per il TFR destinato “forzosamente” alla previdenza pubblica?
Questa proposta sembra contrastare con quanto recentemente dallo stesso sottosegretario.
Pochi mesi fa, infatti, Durigon aveva annunciato l’intenzione del Governo di varare un decreto legislativo per estendere anche ai dipendenti pubblici le stesse possibilità già riconosciute a quelli del settore privato.
Attualmente, infatti, i lavoratori pubblici non possono richiedere anticipazioni sul proprio trattamento di fine rapporto, pur mantenendo il diritto alla liquidazione integrale del TFR al termine del rapporto di lavoro.
In ogni caso, il messaggio è evidente: il TFR potrebbe essere progressivamente indirizzato, in modo vincolante, a sostenere la pensione pubblica.
Un motivo in più per conoscere, oggi, tutte le opzioni disponibili e fare scelte consapevoli, prima che eventuali cambiamenti rendano le decisioni meno libere.
Vuoi capire come funziona il sistema pensionistico italiano e quali opportunità offre la previdenza complementare?
Ciao Elsa ti propone due percorsi di informazione e orientamento:
Un incontro di 60 minuti con persone che, come te, condividono una situazione lavorativa simile. Uno spazio di confronto per muovere i primi passi verso una maggiore consapevolezza previdenziale.
Una sessione individuale per analizzare nel dettaglio la tua situazione. Rispondiamo a dubbi e domande su contributi, posizione previdenziale e fondi pensione, con informazioni pensate su misura per te.