Pensioni: come si rivalutano nel 2026

Nel 2026 le pensioni dovrebbero aumentare di circa l’1,4%, secondo le più recenti stime diffuse dall’INPS e riportate dal Sole 24 Ore. L’incremento, leggermente inferiore rispetto all’1,7% ipotizzato in estate, rispecchia l’andamento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI) elaborato dall’Istat.

È proprio questo indice che aggiorna il meccanismo di perequazione automatica delle pensioni, lo strumento che ogni anno adegua gli assegni previdenziali al costo della vita, con l’obiettivo di tutelare il potere d’acquisto dei pensionati dall’effetto erosivo dell’inflazione.

Dopo il biennio 2022/2023 di forte crescita dei prezzi, che aveva determinato rivalutazioni record del +7,3% nel 2023 e del +5,4% nel 2024, l’aumento applicato a inizio 2025 (+0,8%) ha segnato un ritorno alla normalità. Le proiezioni per il 2026 confermano questa tendenza, indicando un’inflazione più contenuta e, di conseguenza, un adeguamento delle pensioni più moderato ma stabile.

Ma come funziona esattamente questo meccanismo e quali effetti concreti avrà sugli importi pensionistici? Scopriamo nel dettaglio.

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Come funziona la rivalutazione automatica

La perequazione è un meccanismo cardine del sistema previdenziale italiano regolato sulla base dei dati Istat sull’andamento dei prezzi. Ogni anno, tra novembre e dicembre, viene fissato un indice provvisorio di rivalutazione che entra in vigore dal 1° gennaio successivo. 

L’attuale incremento stimato al 1,4% rappresenta quindi un primo aggiornamento degli importi previdenziali che potrebbero entrare in vigore da gennaio prossimo. Alla fine del 2026, quando saranno disponibili i dati definitivi sull’inflazione per l’anno 2025, si procederà con un eventuale conguaglio (positivo o negativo) per riallineare gli importi effettivi delle pensioni.

Quanto aumenteranno le pensioni nel 2026

In un nostro precedente articolo dal titolo sulla mancata rivalutazione delle pensioni, per spiegare come funziona la perequazione automatica, abbiamo illustrato nel dettaglio come si calcola la perequazione delle pensioni e quali sono le modalità con cui l’aumento viene riconosciuto ai singoli pensionati.

In questo articolo è importante ricordare che, in Italia, la perequazione non si applica in misura uniforme per tutti, ma segue un meccanismo progressivo, pensato per garantire una maggiore tutela a chi percepisce assegni di importo più basso. Le percentuali di rivalutazione, infatti, diminuiscono progressivamente al crescere del reddito pensionistico.

Il parametro di riferimento è rappresentato dal trattamento minimo riconosciuto dall’INPS: l'importo base provvisorio del trattamento minimo nel 2025 è di 603,40 € al mese (pari a 7.844,20 € annui).

Gli aumenti previsti per il 2026 vengono quindi calcolati in base ai cosiddetti “multipli” del trattamento minimo, secondo il seguente schema:

  • Rivalutazione piena (100%) per le pensioni fino a quattro volte il minimo, ossia fino a circa 2.413 € mensili.

  • Rivalutazione al 90% per gli assegni compresi tra quattro e cinque volte il minimo, quindi fino a circa 3.017 € al mese.

  • Rivalutazione al 75% per gli importi superiori a cinque volte il minimo.
tabella confronto risparmio fiscale deduzione 2025-2026

Applicando questo schema alla stima di perequazione dell’1,40% elaborata dall’INPS, è possibile calcolare in modo preciso di quanto potrebbero aumentare le pensioni nel 2026 a seconda della fascia di reddito. 

Per esempio:

rivalutazione pensioni 2026 perequazione

Si tratta di aumenti modesti, ma coerenti con un’inflazione che, pur non azzerata, si sta gradualmente stabilizzando dopo le fiammate del biennio 2022-2023.

L’incremento aggiuntivo per i trattamenti minimi

Oltre alla rivalutazione ordinaria, resta in vigore anche per il 2026 un incremento aggiuntivo destinato alle pensioni più basse. 

Le pensioni considerate “basse” sono quelle che non superano l’importo del trattamento minimo (603,4 €). In questi casi, dunque, è previsto un ulteriore aumento che, nel 2025, è stato pari al 2,2% (603,4€ + 2,2% = 616,67€). 

L’articolo 1, comma 177, della legge di Bilancio 2025 ha prorogato fino al 2026 l’incremento per le pensioni considerate “basse”: nello specifico, tale incremento sarà pari al 1,3% per l’anno 2026 (Dati provvisori, in attesa di conferma definitiva).


Un equilibrio delicato tra equità e sostenibilità

Il tema della perequazione resta centrale anche per la sostenibilità della finanza pubblica.

Proprio su questo punto è intervenuta, recentemente, Banca d’Italia che, in audizione parlamentare in materia di legge di Bilancio 2025, ha invitato a mantenere costante e a non modificare troppo spesso il meccanismo di adeguamento, sottolineando la necessità di trovare un equilibrio tra tutela dei pensionati e controllo della spesa.

Come ha osservato Fabrizio Balassone, vice capo del Dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia, “c’è un problema di equità generazionale: un aumento eccessivo della spesa pensionistica può complicare la gestione dei conti pubblici, soprattutto in un contesto di crescita moderata” (Sky Tg24).

Questo perché la rivalutazione delle pensioni è senza dubbio uno strumento fondamentale per difendere il potere d’acquisto dei pensionati, ma mantenere l’equilibrio tra tutela dei redditi e sostenibilità del sistema è tutt’altro che semplice in un Paese dalla crescita economica limitata, con una popolazione che invecchia, sempre meno lavoratori attivi e una spesa previdenziale in continuo aumento.

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