La Legge di Bilancio 2025 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 dicembre 2024, dopo essere stata presentata dal Consiglio dei Ministri il 23 ottobre 2024 e aver seguito l’iter di discussione parlamentare, che ha portato alla versione definitiva denominata: legge n. 207 del 30 dicembre 2024 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027”.
Dopo averti aggiornato, in questo blog e nella pagina YouTube di Ciao Elsa, delle modifiche che si sono susseguite nei mesi scorsi, in questo articolo vogliamo offrirti una panoramica completa di tutte le novità e le conferme contenute nella Manovra in ambito di pensioni.
Metodo di calcolo pensionistico
Prima di cominciare il nostro excursus, ci sembra necessario ricordare che nel 2025 la maggior parte dei lavoratori che andrà in pensione avrà calcolato l’importo pensionistico con il sistema misto.
Questo sistema di calcolo si applica a tutti coloro che hanno versato contributi prima del 1996 e dopo il 1996.
La parte di contributi pre ‘96 è calcolata con il sistema retributivo, la parte post ‘96 con il sistema contributivo.
La differenza sostanziale tra i due metodi di calcolo è che nel sistema retributivo si prendeva come parametro di riferimento la retribuzione lorda degli ultimi anni di lavoro, garantendo tassi di sostituzione dell’80% o 90%.
Il tasso di sostituzione è la quantità di ultimo stipendio che diventa pensione e, nella maggior parte dei casi, gli ultimi stipendi della vita lavorativa sono i più alti della carriera.
Con il sistema contributivo, invece, la cosa fondamentale è il montante contributivo finale, quindi la quantità di contributi che sono stati accantonati durante tutta la carriera. Questo sistema prevede tassi di sostituzione più bassi, generalmente intorno al 60%.
Il sistema misto è un insieme dei due metodi di calcolo e, in linea generale, maggiore è la quantità di contributi versata prima del 1996, più alto sarà il tasso di sostituzione finale.
Vediamo ora tutte le misure contenute nella Manovra.
Trattenimento in servizio
Una delle misure principali della Legge di Bilancio è quella disposta per incentivare i lavoratori a continuare a lavorare pur avendo i requisiti per andare in pensione.
Questa misura è, di fatto, un potenziamento del Bonus Maroni.
Nella Legge di Bilancio è stato inserito un incentivo per tutti coloro che, al 31/12/2025, pur avendo maturato i requisiti per andare in pensione con Quota 103 o con la finestra di pensione anticipata, decidono di posticipare il loro ingresso in pensione e rimangano in servizio.
Pensione Anticipata
La finestra di pensionamento Anticipata si ottiene senza requisito anagrafico, ma semplicemente soddisfacendo un requisito contributivo che varia in base al sesso.
Se si è donne, infatti, è necessario avere alle spalle 41 anni e 10 mesi di contributi.
Per gli uomini il requisito sale a 42 anni e 10 mesi di contributi.
L’incentivo al trattenimento in servizio per chi ha maturato i requisiti di pensione anticipata consiste nell’accredito in busta paga del contributo pensionistico a carico del lavoratore normalmente previsto.
Chi lavora come dipendente, infatti, sa che ogni anno viene versato nelle casse dell’INPS il 33% della sua RAL (Retribuzione Annua Lorda).
Di questo 33%, il 23,81% è un versamento che effettua il datore di lavoro e il 9,19% rimane a carico del lavoratore.
Quest’ultimo importo viene trattenuto tutti i mesi dalla busta paga e versato nelle casse dell’INPS.
Se un dipendente decide di restare al lavoro, nonostante abbia maturato il diritto di andare in pensione con Quota 103 o con finestra di Anticipata, questo importo potrà essere mensilmente accreditato nello stipendio del lavoratore, che vedrà aumentare la sua busta paga.
Parallelamente, questo importo, pur accreditato in busta paga, non accresce l’imponibile fiscale e, quindi, è a tutti gli effetti un importo non tassato.
Al contempo, però, se si sceglie questa opzione, decade l’obbligo di versamento dei contributi da parte del datore di lavoro.
Quindi il dipendente che rimane in servizio deve sapere che il suo datore di lavoro non verserà il 23,81% della sua RAL in contributi previdenziali.
Se si opta per questa scelta, si potrà richiedere la pensione anticipata successivamente, in qualunque momento.
Per i dipendenti pubblici, inoltre, è abrogato il divieto di trattenimento al lavoro oltre i 67 anni d’età, che viene, invece, innalzato a 70 anni.
Flessibilità in uscita
La Legge di Bilancio 2025 ha confermato le tre finestre di pensionamento anticipato già previste nel 2024, senza apportare modifiche.
Opzione Donna
L'Opzione Donna ha visto, infatti, confermare i requisiti minimi necessari per essere richiesta, ovvero:
- avere almeno 35 anni di contributi;
- avere almeno 61 anni di età se non si hanno figli (il requisito anagrafico si riduce a 60 anni se si ha un figlio e a 59 se si hanno due o più figli).
Però, questi requisiti minimi non bastano per poter beneficiare di Opzione Donna.
Si ottiene questa possibilità, infatti, solo se si è anche in una delle seguenti condizioni:
- si assiste da almeno sei mesi un parente convivente con handicap grave;
- si ha una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
- si lavora o si è state licenziate da un’azienda per cui è attivo un tavolo di crisi.
Se si accede al pensionamento tramite Opzione Donna, l’importo della pensione sarà calcolato interamente con il sistema contributivo, anche se si possiedono anni di contributi precedenti al 1996, con una conseguente penalizzazione del valore della pensione.
Quota 103
È stata riconfermata la possibilità di andare in pensione a 62 anni se si hanno almeno 41 anni di contributi alle spalle e vedendo la propria pensione calcolata interamente con il sistema contributivo.
Esattamente come per Opzione Donna, con questo metodo di calcolo, anche chi ha cominciato a lavorare prima del 1996, non andrà in pensione con calcolo misto e vedrà il suo assegno pensionistico penalizzato in termini di importo.
APE sociale
Questa è una misura assistenziale a sostegno di persone che abbiano almeno 63 anni e 5 mesi di età.
L’APE Sociale garantisce un sussidio a chi non ha un lavoro fino al raggiungimento dell’età anagrafica prevista per il pensionamento di vecchiaia che, lo ricordiamo, nel 2025 è a 67 anni.
Per ottenere APE Sociale occorre non essere titolari di alcun reddito da lavoro dipendente o autonomo (in questo ultimo caso la soglia è di 5.000 € annui) e determinate condizioni.
Oltre al requisito anagrafico già citato, occorre essere in una delle seguenti 4 situazioni:
- addetto a mansioni gravose per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci con minimo 36 anni di contributi (questo requisito contributivo si riduce a 32 anni in caso di operai edili e ceramisti);
- care-giver da almeno sei mesi di un parente convivente con grave handicap;
- invalido civile per almeno il 74% e con almeno 30 anni di contributi;
- disoccupato di lunga durata; in questo caso, che è anche il più frequente, occorre avere almeno 30 anni di contributi alle spalle ed è necessario avere esaurito la fruizione della Naspi (il sussidio di disoccupazione previsto in Italia), o non averne diritto.
Nel calcolo dei requisiti contributivi utili all’ottenimento di APE Sociale, valgono solo i contributi versati in qualunque gestione INPS, mentre non si possono far valere gli anni di contributi nelle casse di previdenza privata, solitamente riservate a specifiche categorie di liberi professionisti.
Per far valere i contributi in queste casse serve ricongiungere gli anni di contributi della cassa privata, trasportandoli nella gestione dell’INPS, versando un onere spesso molto alto.
Un ultimo dato importante, per chi stesse valutando di richiedere APE Sociale, consiste nel fatto che l’importo erogato non potrà mai superare i 1.500 € lordi al mese per 12 mensilità fino alla data di compimento dell’età per la pensione di vecchiaia (ad oggi a 67 anni).
Aumenti
Nella Manovra sono stati inseriti degli aumenti legati agli importi di alcune pensioni.
Pensioni minime
La cosiddetta pensione minima è prevista per chi va in pensione con il sistema misto, mentre nel sistema contributivo la soglia minima di importo pensionistico coincide con l’importo dell’assegno sociale.
Inizialmente, nel testo provvisorio della Manovra, era stato stabilito un aumento delle pensioni minime da 614,77 € al mese a 617,90 € al mese.
Questa proposta aveva destato perplessità e polemiche poiché considerata insufficiente.
Il 31 dicembre scorso scadeva l’addizionale in vigore nel 2024 e le minime nel 2025 sarebbero scese a 598 €, risultando, quindi, inferiori a quelle dello scorso anno.
La Legge di Bilancio ha aggiunto un’addizionale del 2,2% allo 0,8% di inflazione ufficializzato dall’ISTAT, arrivando così al 3% di rivalutazione totale.
Per questa ragione, nonostante le polemiche, le pensioni minime nel 2025 passano da 614,77€ al mese a 616,67€ al mese.
Pensione di vecchiaia per lavoratrici con almeno quattro figli
Nel 2025, le lavoratrici con quattro o più figli possono accedere fino a 16 mesi prima alla pensione di Vecchiaia prevista normalmente a 67 anni.
Nel 2024 era possibile anticipare il pensionamento fino a 12 mesi prima del compimento dei 67 anni.
Durante i mesi che precedono il compimento dell’età di vecchiaia, le lavoratrici con quattro o più figli hanno garantito l’accredito figurativo per i trattamenti pensionistici determinati secondo il sistema contributivo.
Possibilità di aumento e di riduzione dei contributi
La Manovra consente in alcuni casi di diminuire o aumentare l’aliquota di contribuzione prevista per alcune tipologie di lavoratori.
Artigiani e commercianti neo iscritti
I lavoratori che nel 2025 si iscrivono per la prima volta a una delle gestioni speciali autonome degli artigiani e dei commercianti, sia che operino in regime ordinario, sia che operino in regime forfettario, possano ridurre del 50% la contribuzione obbligatoria prevista nelle due gestioni.
La riduzione vale per 36 mesi continuativi a partire dalla data di avvio dell’attività di impresa se questa avviene nel corso del 2025.
Questa riduzione contributiva non è cumulabile con altre riduzioni contributive eventualmente previste, anzi, è alternativa.
È bene ricordarsi che, con l’attuale sistema contributivo, meno contributi avremo versato nel corso dell’intera vita lavorativa, più bassa sarà la pensione che ci aspetta.
Lavoratori di nuova iscrizione all’AGO
Viceversa, per chi nel corso del 2025 si iscrive all’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria), a forme sostitutive o esclusive dell’AGO e alla Gestione Separata INPS, è data la possibilità di incrementare il montante contributivo individuale, scegliendo di versare all’INPS una percentuale più alta di aliquota contributiva pensionistica rispetto a quella obbligatoria (24% Gestione Separata, 9,19% per i lavoratori dipendenti), fino al 2% in più.
La misura ha lo scopo di aumentare il montante contributivo finale del lavoratore, ma è necessario sapere che la quota dell’assegno pensionistico che deriverà dall’incremento raggiunto grazie alla maggiorazione non concorrerà al computo degli importi soglia previsti per l’ottenimento della pensione di vecchiaia e anticipata.
Vediamo meglio cosa significa:
- la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo si ottiene a 67 anni, con almeno 20 di contributi e solo se si raggiunge un importo pensionistico equivalente almeno all’importo dell’assegno sociale
- la pensione di anticipata contributiva prevista dal sistema contributivo si ottiene a 64 anni, con almeno 20 di contributi e solo se la pensione percepita è di importo almeno pari a tre volte l’assegno sociale
Quindi, la parte di assegno pensionistico che deriva dalla maggiorazione eventualmente versata, non entrerà nel calcolo utile al raggiungimento di queste soglie e, invece, sarà corrisposta al pensionato solo una volta che avrà maturato i requisiti anagrafici per l’accesso alla pensione di vecchiaia (oggi 67 anni).
Inoltre, i contributi versati dal lavoratore tramite la maggiorazione sono deducibili dal reddito per il 50% dell’importo totale versato, a differenza di quelli obbligatori che sono deducibili al 100%.
Previdenza complementare
Dedicheremo il nostro prossimo articolo di approfondimento alle misure in materia di previdenza complementare contenute nella Manovra.
In questo articolo ci limitiamo a citarle per completezza d’informazione.
La novità fondamentale consiste nella possibilità di sommare alla pensione pubblica l’importo della rendita proveniente dalla previdenza complementare, per poter raggiungere l’importo soglia necessario alla maturazione dei requisiti di pensionamento a 64 anni e l’importo soglia necessario per l’ottenimento della pensione di vecchiaia a 67 anni.
Di fatto, questa misura costituisce il primo passo concreto verso un sistema di previdenza obbligatoria e complementare integrato.
Segnaliamo anche che il semestre di silenzio/assenso, dato quasi per certo, non è stato inserito nella Manovra definitiva.
Durante questa finestra temporale di sei mesi, si sarebbe chiesto a tutti i lavoratori dipendenti che hanno lasciato il loro TFR in azienda di indicare esplicitamente la propria volontà di versare o meno il proprio TFR in un fondo pensione.
Se un lavoratore non avesse risposto entro sei mesi, quindi in caso di silenzio, sarebbe scattato in automatico il versamento del TFR maturando a una forma di previdenza complementare.
La “non-scelta” avrebbe comportato, di fatto, una situazione irreversibile che il lavoratore non avrebbe più potuto modificare in futuro.
Infatti, se si lascia il TFR in azienda, si può modificare questa decisione in qualunque momento e optare per il versamento del TFR maturando in un fondo pensione.
Se, invece, si sceglie il fondo pensione, non si può poi cambiare idea e lasciare nuovamente il TFR in azienda.
Questa regola è stabilita dal d.Lgs 252/2005 che regolamenta la previdenza complementare in Italia.
Anche alla luce della nuova misura introdotta nella Manovra e a cui dedicheremo un articolo di approfondimento dedicato, la previdenza complementare è, ormai, sempre meno un’opportunità facoltativa e sempre più una necessità per i lavoratori italiani.
Soprattutto per i giovani che, con il sistema contributivo, avranno pensioni molto più basse rispetto al loro ultimo stipendio.