Introduzione
Il sistema pensionistico italiano è stato profondamente trasformato nel 2011 dalla Legge Fornero, una delle riforme più radicali che ha modificato i requisiti di accesso alla pensione e introdotto l'adeguamento automatico delle finestre di pensionamento all'aspettativa di vita.
Questi cambiamenti hanno segnato un punto di non ritorno nella gestione previdenziale del paese, imponendo nuove regole e sfide per lavoratori e aziende.
Con il governo attuale, cioè il Governo Meloni, il dibattito sulle pensioni ha ripreso vigore, portando a nuove proposte e a una serie di modifiche previste per il 2024 e il 2025 e all’apertura di scenari diversi dal 2026 in poi.
In questo articolo vogliamo dare una panoramica completa delle riforme attuate, delle regole in vigore oggi e delle prospettive future, ponendo anche l'accento sulle implicazioni per i lavoratori nati negli anni '60, che rappresentano una fascia particolarmente coinvolta nei cambiamenti normativi.
Cominciamo dallo stato dell’arte, quindi dal sistema pensionistico in vigore oggi.
1. La Legge Fornero spiegata facile: un nuovo capitolo per le pensioni
La Legge Fornero, ufficialmente parte del decreto-legge "Salva Italia", è stata approvata nel dicembre 2011 durante il governo tecnico guidato da Mario Monti.
Il suo obiettivo principale era quello di stabilizzare i conti pubblici e di garantire la sostenibilità a lungo termine del sistema pensionistico, in un contesto di crisi economica globale.
Gli elementi chiave della Legge Fornero, da riferirsi in maniera definitiva a coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, sono principalmente quattro:
- Adeguamento dell'età pensionabile all'aspettativa di vita
La legge prevede che l’età di pensionamento si elevi progressivamente perché legata all'aspettativa di vita.
Questa misura ha portato a un graduale aumento dell'età di accesso alla pensione di vecchiaia, che al 2024 è fissata a 67 anni ma che progressivamente potrà aumentare, proprio in base all’aumento della speranza di vita media.
Questo è il motivo per cui se oggi un trentenne o un quarantenne entra nell’area riservata INPS ed esegue la simulazione che il sito mette a disposizione (che si chiama “La mia pensione futura”, disponibile solo per lavoratori del settore privato), non troverà la finestra di pensione di vecchiaia a 67 anni, ma a 68 o a 69 o, in alcuni casi, addirittura a 70. - Modifica dei requisiti per accedere alla Pensione Anticipata
La possibilità di pensionamento anticipato è stata mantenuta, ma con requisiti molto più stringenti. Oggi, per gli uomini, il requisito è di aver maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, mentre per le donne è di 41 anni e 10 mesi.
Anche questi requisiti potrebbero variare e incrementarsi nel tempo, sempre per il principio che lega le finestre di pensionamento all’aspettativa di vita. - Introduzione della finestra di pensionamento denominata “Anticipata Contributiva”
Ad oggi, questa finestra si ottiene a 64 anni, ma solo se l’importo pensionistico vale almeno 3 volte l’importo dell’assegno sociale, quel sussidio reddituale che lo Stato si è impegnato a elargire a chi versa in condizioni economiche disagiate e ha almeno 67 anni. Una sorta di pensione sociale che nel 2024 equivale a circa 6.947 Euro.
Quindi la finestra di anticipata contributiva a 64 anni spetta solo a chi abbia una pensione annua lorda di almeno tre volte questo importo, cioè almeno 20.841 Euro.
Anche questa finestra potrebbe subire variazioni progressive in base all’aumento della speranza di vita media e al variare dell’importo dell’assegno sociale. - Calcolo contributivo dell’importo delle pensioni
Questo sistema di calcolo è applicato a tutti i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996, con una conseguente riduzione sostanziale degli importi delle pensioni rispetto al precedente sistema, denominato retributivo.
Il sistema retributivo infatti, prendeva a riferimento le ultime retribuzioni della vita lavorativa e garantiva pensioni mediamente inferiori del 10% o 20% rispetto all’ultimo stipendio.
L’attuale sistema contributivo, invece, considera l’intero ammontare dei contributi versati in tutta la vita lavorativa e prevede di trasformarli, attraverso un coefficiente legato all’aspettativa di vita media, in un importo annuo di pensione suddiviso in 13 mensilità all’anno.
Ovviamente la pensione rimane vitalizia, quindi chi vive più a lungo rispetto all’aspettativa media di vita, continua a vedere la propria pensione accreditata ogni mese in conto corrente.
Il meccanismo, però porta ad avere pensioni inferiori del 40% o 50% rispetto all’ultimo stipendio.
Naturalmente, ci sono anche persone che hanno iniziato a versare i contributi prima del 1996 che ricadono nel sistema cd. “misto”, che prevede che i contributi versati fino al ‘96 (o addirittura fino al 2011 se al 31/12/1995 si era maturata un'anzianità contributiva di almeno 18 anni) siano gestiti in maniera retributiva, mentre i contributi post '96 in poi siano soggetti a un calcolo di pensione eseguito basandosi sul sistema contributivo.
1.1. L’impatto della riforma sulle pensioni
La riforma ha avuto un impatto significativo sul mercato del lavoro, spingendo molti lavoratori a rimanere in servizio più a lungo e creando un forte dibattito sulle cosiddette "pensioni d'oro" e sulla sostenibilità del sistema nel lungo termine.
Con la definizione “pensioni d’oro” si identificano quegli assegni pensionistici di circa 100.000 euro lordi all’anno, tendenzialmente non calcolati con il sistema contributivo bensì almeno con il sistema misto, se non retributivo.
Quindi, tutte quelle pensioni che superano di molto l’importo della pensione media italiana, ottenute senza dover versare la quantità di contributi che il sistema attuale richiederebbe a un lavoratore di oggi per poter avere in futuro un importo pensionistico di questo tipo.
Il motivo per cui queste pensioni sono criticate è dunque legato al rapporto tra assegno pensionistico e contributi versati durante la vita lavorativa.
Il tema è, quindi, quello della sostenibilità finanziaria nel medio/lungo periodo, un tema centrale quando si parla di pensioni e riforme del sistema.
Il nuovo sistema pensionistico ha anche reso sempre più utile e spesso necessaria la pianificazione di una pensione integrativa facoltativa per cercare di colmare, almeno parzialmente, il divario tra ultima retribuzione e pensione.
Inoltre, ha contribuito ad aumentare la flessibilità del sistema pensionistico, introducendo nuove opportunità ma anche nuove sfide per chi si avvicina alla pensione.
Negli ultimi anni, infatti, i vari Governi che si sono succeduti, hanno introdotto alcune possibilità come Quota 100, Quota 102 e 103 o l’Opzione Donna, per rendere un po’ più flessibile l’uscita dal mondo del lavoro e l’accesso al pensionamento.
Queste possibilità sono spesso “a termine”, quindi valgono in alcuni anni specifici ma non cambiano le fondamenta del sistema pensionistico così come è stato concepito dalla Riforma Fornero.
Vediamo ora quali sono le variazioni proposte dall’attuale Governo.
2. Le modifiche del Governo Meloni
Il Governo attuale ha ereditato un sistema pensionistico complesso a cui ha apportato alcune modifiche per il 2024; ad oggi, inoltre, sono in discussione eventuali correttivi a partire dal 2025.
Le proposte principali, pro futuro, riguardano l'introduzione di nuove quote, modifiche alle pensioni anticipate e l'estensione di alcune misure già esistenti, che vediamo qui di seguito.
Quota 103
La Quota 103 è stata confermata per il 2024, permettendo ai lavoratori di andare in pensione con 62 anni di età e 41 anni di contributi.
Tuttavia, rispetto alle precedenti Quota 100, Quota 102 e alla prima versione di Quota 103, sono state introdotte alcune penalizzazioni, come un calcolo totalmente contributivo e quindi meno favorevole, che comporta dunque una riduzione significativa dell’importo della pensione e l’introduzione di un un importo massimo liquidabile che non va oltre quattro volte il trattamento minimo INPS.
Infatti, giusto per fare un esempio, con Quota 100 si poteva accedere al pensionamento a partire dai 62 anni avendo maturato almeno 38 anni di contributi, mentre con Quota 103 è necessario avere almeno 41 anni di contributi alle spalle, riducendo perciò di molto la quantità di lavoratori che a 62 anni ha alle spalle questo numero di anni di contributi.
Opzione Donna
L'Opzione Donna ha visto confermare il requisito minimo contributivo di almeno 35 anni e ha subito un innalzamento dell'età minima a 61 anni se non si hanno figli.
Questo requisito anagrafico si riduce a 60 anni se si ha un figlio e a 59 se si ha almeno due figli.
Da quest’anno però sono stati introdotti, oltre a questi requisiti, anche degli ulteriori sbarramenti.
Si ottiene Opzione Donna, infatti, solo se, oltre a questi requisiti, si è in una delle seguenti condizioni:
- si assiste da almeno sei mesi un parente convivente con handicap grave;
- si ha una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
- si lavora o si è state licenziate da un’azienda per cui è attivo un tavolo di crisi.
Se si accede al pensionamento tramite Opzione Donna, è bene sapere che l’importo della pensione sarà calcolato interamente con il sistema contributivo, anche se si possiedono anni di contributi precedenti al 1996, con una conseguente penalizzazione del valore della pensione.
APE Sociale
L'APE Sociale, una misura assistenziale a sostegno di persone con almeno 63 anni, ha visto alzare il requisito anagrafico a 63 anni e 5 mesi di età.
Per ottenerlo occorre non essere titolari di alcun reddito da lavoro dipendente o autonomo (in questo ultimo caso la soglia è di 5.000 euro annui) e determinate condizioni.
La misura è stata prorogata fino a tutto il 2024, ma con modifiche ai requisiti di accesso, rendendo più difficile per alcune categorie di lavoratori beneficiare di questa misura. Nel 2023, infatti, potevano beneficiare di APE Sociale circa 16.000 persone, quest’anno diminuiscono a circa 12.500.
L’APE Sociale garantisce un sussidio a chi non ha un lavoro fino al raggiungimento dell’età anagrafica prevista per il pensionamento di Vecchiaia.
Ad oggi, oltre al requisito anagrafico già citato, occorre essere in una delle seguenti 4 situazioni:
- addetto a mansioni gravose per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci con minimo 36 anni di contributi. Questo requisito contributivo si riduce a 32 anni in caso di operai edili e ceramisti;
- care-giver da almeno sei mesi di un parente convivente con grave handicap;
- invalido civile per almeno il 74% e almeno 30 anni di contributi;
- disoccupato di lunga durata. In questo caso, che è anche il più frequente, occorre avere almeno 30 anni di contributi alle spalle ed è necessario avere esaurito la fruizione della Naspi, o non averne diritto. (la Naspi è il sussidio di disoccupazione previsto in Italia).
Nel calcolo dei requisiti contributivi utili all’ottenimento di APE Sociale, valgono solo i contributi versati in qualunque gestione INPS, mentre non si possono far valere gli anni di contributi nelle casse di previdenza privata. Per far valere i contributi in queste casse serve ricongiungere gli anni di contributi, versando un onere spesso consistente.
Ultimo dato importante, per chi stesse valutando di richiedere APE Sociale, consiste nell’importo erogato che non potrà mai superare i 1.500 Euro lordi al mese per 12 mensilità fino alla data di compimento dell’età per la pensione di vecchiaia (ad oggi a 67 anni).
Lavoratori precoci
Si tratta di lavoratori, con 41 anni di contribuzione, che, al 31 dicembre 1995, possono far valere 12 mesi di contribuzione effettiva antecedente al 19° anno di età e che si trovano in una delle seguenti condizioni:
- stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale con conclusione integrale della prestazione per la disoccupazione da almeno tre mesi;
- invalidità superiore o uguale al 74%;
- che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, parenti/affini (secondo determinati requisiti) con handicap grave, oppure siano affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
- hanno svolto attività particolarmente faticose e pesanti
- sono ricompresi, negli ultimi anni di attività lavorativa, tra determinate categorie di lavoratori dipendenti
Viste le modifiche introdotte per il 2024, segnaliamo anche un’ipotesi ancora in fase di valutazione.
Possibile ulteriore modifica
Si prevede che il Governo Meloni possa introdurre la Quota 41 per tutti, permettendo il pensionamento anticipato con 41 anni di contributi indipendentemente dall'età.
Questa proposta sta guadagnando consenso, ma solleva importanti interrogativi sulla sostenibilità finanziaria del sistema e sugli importi degli assegni pensionistici erogati con questa finestra di pensionamento.
3. Il futuro delle pensioni: possibili scenari
Le riforme future potrebbero introdurre nuovi strumenti per garantire la sostenibilità del sistema e per rispondere alle esigenze di una popolazione che invecchia rapidamente.
Il governo potrebbe optare per una riforma strutturale, con l'introduzione di nuove misure che rivoluzionino radicalmente la Legge Fornero: questa soluzione potrebbe includere una maggiore flessibilità nell'accesso alla pensione e una revisione dei requisiti per la pensione anticipata e di vecchiaia.
Tuttavia, si pone una questione di sostenibilità finanziaria: il nostro sistema pensionistico è un sistema a ripartizione basato sul fatto che i contributi versati oggi non vengono accantonati, ma utilizzati per pagare le pensioni attuali.
Quindi, chi oggi lavora potrà contare su una pensione futura pagata con i contributi che verranno versati dai futuri lavoratori.
Un tema centrale delle future riforme sarà dunque la sostenibilità finanziaria. Con l'aumento dell'aspettativa di vita e un tasso di natalità in calo, il sistema a ripartizione potrebbe richiedere ulteriori adeguamenti, come l'aumento delle aliquote contributive o l'introduzione di nuove forme di finanziamento.
4. Tabella dei requisiti pensionistici (2024-2026)
Per offrire una visione chiara delle modifiche in atto e delle previsioni future, riportiamo una tabella riepilogativa dei requisiti pensionistici in vigore ad oggi e di possibili modifiche:
5. Implicazioni per i lavoratori nati negli anni '60
I lavoratori nati negli anni '60 sono tra quelli che risentono maggiormente dalle riforme pensionistiche degli ultimi anni.
Molti di loro si trovano oggi a dover pianificare il proprio pensionamento in un contesto di incertezza normativa e con requisiti di accesso alla pensione che variano frequentemente.
Per i nati nel 1965 e 1966, quando si va in pensione?
Con l'attuale sistema, questi lavoratori potranno accedere alla pensione di vecchiaia a partire dal 2032, se saranno confermati i requisiti attuali di 67 anni di età.
Tuttavia, potrebbero riuscire ad andare in pensione anticipata se avranno maturato i requisiti oggi previsti per questa finestra di pensionamento, ovvero 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
In caso di introduzione di Quota 41 potrebbero rientrare in questa finestra di pensionamento.
Cosa cambia per le pensioni nel 2025 e oltre?
- Adeguamenti futuri: gli adeguamenti previsti per il 2026 e oltre potrebbero introdurre nuove penalizzazioni o ulteriori requisiti, rendendo ancora più difficile l'accesso alla pensione per chi ha iniziato a lavorare tardi o ha avuto carriere lavorative discontinue.
- Quota 41: in caso fosse confermata, i lavoratori che avranno maturato 41 anni di contributi entro il 2025 potrebbero accedere alla pensione anticipata con la Quota 41, ma l'importo della pensione sarà probabilmente inferiore rispetto a quello che si otterrebbe se si utilizzasse la finestra pensionistica di vecchiaia, a causa del calcolo contributivo.
6. La Previdenza Complementare come soluzione alle continue manovre sulle pensioni
Il sistema pensionistico italiano ha subito significative trasformazioni a partire dalla Legge Fornero del 2011, trovandosi oggi dinanzi a una profonda fase di transizione.
Se da un lato la Legge Fornero e le successive riforme delle pensioni hanno introdotto cambiamenti radicali volti, ai tempi, a garantire una maggior sostenibilità sul lungo periodo, dall’altra parte hanno avuto (e stanno tutt'ora avendo) un impatto profondo su lavoratori e aziende, rendendo necessaria una ripianificazione di tutto il sistema pensionistico nazionale.
Sebbene siano state numerose le regole introdotte nel corso di questi ultimi anni per favorire il funzionamento del sistema, altrettanti sono stati i problemi con cui i lavoratori si sono dovuti imbattere, e che hanno portato ben più di qualche incertezza su come fare per potersi assicurare un futuro pensionistico quanto più sereno possibile.
Con l'avvento del Governo Meloni, il dibattito sulle pensioni è tornato al centro dell'agenda politica, mettendo sul tavolo nuove proposte e modifiche che mirano a rendere il sistema più equo e flessibile.
Eppure il futuro appare ancora costellato da parecchi dubbi.
Nonostante il Governo Meloni abbia introdotto alcune novità quali Quota 103, la rivisitazione dell’Opzione Donna e la proroga dell'APE Sociale, esistono ancora numerose altre sfide a cui far fronte prima di poter davvero definire “sostenibile” il nostro sistema pensionistico.
Basti pensare ai lavoratori nati negli anni '60, che si trovano ad affrontare un contesto normativo in costante evoluzione e per il quale, di anno in anno, vedono le proprie aspettative variare continuamente, perdendo gran parte dei riferimenti coi quali essere in grado di costruirsi una pensione stabile e sicura.
Anche le proposte per il 2025, come la possibile introduzione di Quota 41 per tutti, sollevano importanti interrogativi sulla sostenibilità finanziaria del sistema pensionistico e sugli importi degli assegni pensionistici futuri.
Di fronte a tutte queste incertezze, emerge sempre più come la previdenza complementare rappresenti una soluzione fondamentale per poterti garantire un tenore di vita adeguato per quando sarai in pensione.
Con essa hai la possibilità di integrare la pensione pubblica con quella proveniente da un fondo pensione privato, usufruendo di benefici fiscali e della possibilità di personalizzare l’investimento in base alle tue esigenze.
Ecco qui di seguito i principali motivi per cui la Previdenza Complementare è vantaggiosa:
- Vantaggi Fiscali: i contributi versati nel fondo pensione sono deducibili fino a un massimo di 5.164,57 € l'anno, permettendo un risparmio fiscale significativo.
Inoltre, i lavoratori dipendenti che decidono di versare il loro TFR maturando in un fondo pensione beneficeranno, una volta arrivati alla pensione, di una tassazione agevolata sul loro TFR che varierà dal 15% al 9%, mentre per chi avrà lasciato il TFR in azienda, questa tassazione varierà da un minimo del 23% a un massimo del 43%.
- Personalizzazione: i fondi pensione permettono di personalizzare l'investimento, scegliendo tra opzioni più prudenti o più aggressive a seconda delle proprie aspettative di rendimento, da mettere a sistema con la propria propensione al rischio, le proprie conoscenze finanziarie e, ultimo ma non ultimo, della vicinanza all'età pensionabile.
Il D. Lgs. 252/2005 che regolamenta la previdenza complementare e stabilisce le regole dei fondi pensione è uno strumento che i cittadini hanno a disposizione ma che, ancora oggi, è poco conosciuto.
Ciao Elsa, con il suo approccio innovativo e orientato alla semplicità, ti offre un supporto prezioso per comprendere e navigare il complesso mondo della previdenza complementare.
Con sessioni di formazione collettive e personalizzate, in cui il nostro focus è far sì che ti sia tutto chiaro, Ciao Elsa aiuta i lavoratori a prendere decisioni informate e a costruire una strategia pensionistica solida, capace di rispondere alle sfide del futuro.
Investire già da oggi nella previdenza complementare è la mossa vincente per assicurarti domani una pensione serena e stabile.