Manovra 2025: misure su pensioni e previdenza complementare

Margherita Gallo
·
6
November
2024
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Il 23 ottobre è stato firmato dal Presidente della Repubblica il testo della Manovra Finanziaria per il 2025 presentato dal Consiglio dei Ministri del Governo Italiano.

Nulla è già definitivo al 100% perché il testo è ancora oggetto di discussione in sede parlamentare, ma si stanno delineando alcune novità, alcune conferme e l’accantonamento di qualche proposta che sembrava probabile e che, invece, è stata scartata. 

In questo articolo approfondiamo le parti del testo che riguardano le pensioni e la previdenza complementare, cominciando da quest’ultima. 

La previdenza complementare 

In un nostro precedente articolo avevamo dato conto di due proposte, avanzate quest’estate da esponenti della maggioranza, che riguardavano le modalità di accesso ai fondi pensione con il TFR. 

Prima di vedere nel dettaglio le due proposte, ci teniamo a sottolineare solo una cosa che però risulta essenziale da capire: il versamento del TFR in un fondo pensione è una scelta irreversibile

Tornando adesso alle proposte, la prima prevedeva, per i lavoratori di prima assunzione, l’adesione automatica alla previdenza complementare con il 25% del proprio TFR.

Questa ipotesi è stata presto accantonata e non ha trovato spazio nel testo della Manovra presentato dal Consiglio dei Ministri. 

La seconda proposta stabiliva l’Introduzione di un semestre di silenzio/assenso.

Durante questa finestra temporale si sarebbe chiesto a tutti i lavoratori di indicare ancora esplicitamente la propria volontà di versare o meno il proprio TFR in fondo pensione.

In caso di silenzio, il TFR maturando sarebbe stato versato in automatico in una forma di previdenza complementare. Per la precisione, il versamento sarebbe avvenuto nel fondo di categoria del proprio CCNL oppure, in caso di azienda con più fondi in accordo, nel fondo con il maggior numero di adesioni o ancora, in caso di azienda senza alcun accordo, al fondo Cometa (il fondo di categoria del settore metalmeccanico). 

La scelta, o per meglio dire in questo caso, la non scelta, avrebbe di fatto comportato una situazione irreversibile, che il lavoratore non avrebbe più potuto modificare in futuro.

Tale proposta riguardante il silenzio/assenso applicato sul TFR, come abbiamo visto in un altro articolo uscito nel nostro blog, sembrava esser stata condivisa dalla maggioranza di governo, ma è stata successivamente depennata e, quindi, non è stata inserita nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri

Articolo 28

Nel testo della manovra, all’Articolo 28, si trova l’unica misura specifica in materia di previdenza complementare. 

La proposta è la seguente: 

All'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dopo il comma 7 è aggiunto il seguente «7-bis. 

A decorrere dal 1° gennaio 2025, ai soli fini del raggiungimento dell’importo soglia mensile di cui al comma 7, in caso di opzione per la prestazione in forma di rendita ai sensi dell’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, ferma restando la misura minima ivi stabilita, solo su richiesta dell’assicurato, può essere computato, unitamente all’ammontare mensile della prima rata di pensione di base, anche il valore teorico di una o più prestazioni di rendita di forme pensionistiche di previdenza complementare richieste dall’assicurato.

I lavoratori che accedono alla pensione con calcolo totalmente contributivo, hanno a disposizione tre finestre di pensionamento:

  • la vecchiaia
  • l’anticipata 
  • l’anticipata contributiva

Per poter beneficiare della pensione di vecchiaia, bisogna soddisfare 3 requisiti:

  1. aver compiuto 67 anni, ricordando che tale requisito anagrafico aumenterà nel tempo per effetto della crescita dell’aspettativa media di vita; 
  2. aver versato contributi per almeno 20 anni;
  3. l’importo della pensione annua lorda dev’essere almeno pari all’importo dell’assegno sociale, che nel 2024 equivale a 6.947,33 €.

L'articolo 28 del testo della Manovra 2025 prevede che, nel caso un lavoratore soddisfi i primi due requisiti necessari per avere la pensione di vecchiaia, ma non raggiunga l’importo di pensione minima, pari all’assegno sociale, si possa utilizzare la previdenza complementare per colmare la differenza

La soglia minima di pensione è, come abbiamo visto, 6.947,33 € diviso per 13 mensilità, quindi 534,41 € al mese. 

Se con il montante contributivo accumulato nelle casse dell’INPS durante gli anni di lavoro, si ottiene un importo mensile più basso, allora si può sommare a questo importo anche quello derivante dalla rendita vitalizia erogata dal proprio fondo pensione. 

Si può chiedere concretamente la rendita al proprio fondo pensione solo da quando si è effettivamente pensionati quindi, in questo caso, il valore della rendita è teorico e l’Articolo 28 stabilisce anche come dev’essere calcolato. 

Il valore teorico delle rendite di cui al primo periodo è ottenuto, solo ai presenti fini, trasformando il montante effettivo accumulato in ciascuna forma di previdenza complementare con il valore dei coefficienti di trasformazione di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335, vigente al momento del pensionamento; per potere consentire una scelta consapevole da parte dell’assicurato, contestualmente alla domanda di pensione formulata mediante l’opzione di cui al primo periodo, le forme di previdenza complementare mettono a disposizione la proiezione certificata attestante l’effettivo valore della rendita mensile secondo gli schemi di erogazione adottati dalla singola forma”. 

Il fondo pensione dovrà produrre un documento in cui viene indicato l’importo di rendita previsto nel singolo caso, calcolato in base al montante contenuto nel fondo pensione, l’età dell’aderente e il coefficiente di trasformazione applicato dal fondo stesso in base all’aspettativa media di vita. 

Il Governo aveva anche ipotizzato di inserire una proposta molto simile legata alla finestra di pensionamento chiamata Anticipata Contributiva.

Per ottenere questa finestra è necessario soddisfare tre requisiti:

  1. aver compiuto 64 anni, tenendo sempre a mente che anche questo requisito anagrafico aumenterà nel tempo per effetto della crescita dell’aspettativa media di vita; 
  2. aver contribuito per almeno 20 anni;
  3. l’importo della pensione annua lorda dev’essere almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale, quindi almeno 20.842 €, visto che nel 2024, l’assegno sociale equivale a 6.947,33 €.

La maggioranza aveva discusso la possibilità di usare la rendita teorica derivante dal fondo pensione per raggiungere questo terzo requisito e poter sfruttare questa finestra di pensionamento. 

Alla fine, però, la proposta è stata scartata e non è stata inserita nel testo della Manovra. 

Pensioni

Per quanto riguarda le possibilità di pensionamento, il testo della Manovra vede confermate le misure già previste per il 2024.

Opzione Donna

L'Opzione Donna ha visto confermare i requisiti minimi

  • almeno 35 anni di contributi;
  • almeno 61 anni di età se non si hanno figli, ricordando che questo requisito anagrafico si riduce a 60 anni se si ha un figlio e a 59 se si hanno due o più figli. 

Questi requisiti minimi, però, non bastano per poter beneficiare di Opzione Donna. 

Si ottiene questa possibilità, infatti, solo se, oltre a questi requisiti, si è in una delle seguenti condizioni:

  1. si assiste da almeno sei mesi un parente convivente con handicap grave;
  2. si ha una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74%;
  3. si lavora o si è state licenziate da un’azienda per cui è attivo un tavolo di crisi.

Se si accede al pensionamento tramite Opzione Donna, l’importo della pensione sarà calcolato interamente con il sistema contributivo, anche se si possiedono anni di contributi precedenti al 1996, con una conseguente penalizzazione del valore della pensione. 

Ape Sociale

Questa è una misura assistenziale a sostegno di persone che abbiano almeno 63 anni e 5 mesi di età

L’APE Sociale garantisce un sussidio a chi non ha un lavoro fino al raggiungimento dell’età anagrafica prevista per il pensionamento di vecchiaia. 

Per ottenerlo occorre non essere titolari di alcun reddito da lavoro dipendente o autonomo (in questo ultimo caso la soglia è di 5.000 € annui) e determinate condizioni.

Oltre al requisito anagrafico già citato, occorre essere in una delle seguenti 4 situazioni:

  • addetto a mansioni gravose per almeno sei anni negli ultimi sette o per almeno sette anni negli ultimi dieci con minimo 36 anni di contributi (questo requisito contributivo si riduce a 32 anni in caso di operai edili e ceramisti);
  • care-giver da almeno sei mesi di un parente convivente con grave handicap;
  • invalido civile per almeno il 74% e con almeno 30 anni di contributi; 
  • disoccupato di lunga durata;  in questo caso, che è anche il più frequente, occorre avere almeno 30 anni di contributi alle spalle ed è necessario avere esaurito la fruizione della Naspi (il sussidio di disoccupazione previsto in Italia), o non averne diritto.  

Nel calcolo dei requisiti contributivi utili all’ottenimento di APE Sociale, valgono solo i contributi versati in qualunque gestione INPS, mentre non si possono far valere gli anni di contributi nelle casse di previdenza privata

Per far valere i contributi in queste casse serve ricongiungere gli anni di contributi, versando un onere spesso consistente. 

Ultimo dato importante per chi stesse valutando di richiedere APE Sociale, consiste nell’importo erogato che non potrà mai superare i 1.500 € lordi al mese per 12 mensilità fino alla data di compimento dell’età per la pensione di vecchiaia (ad oggi a 67 anni).

Quota 103

È stata riconfermata la possibilità di andare in pensione a 62 anni se si hanno almeno 41 anni di contributi alle spalle e vedendo la propria pensione calcolata interamente con il sistema contributivo. 

Esattamente come per Opzione Donna, con questo metodo di calcolo, anche chi ha cominciato a lavorare prima del 1996, non andrà in pensione con il sistema misto e vedrà il suo assegno pensionistico penalizzato in termini di importo. 

Misure in materia di trattenimento in servizio 

Questa misura è, di fatto, un potenziamento del Bonus Maroni, che prevedeva degli incentivi per chi restava al lavoro pur avendo maturato i requisiti per il pensionamento. 

Nel testo della manovra è stato inserito un incentivo per tutti coloro che, al 31/12/2025, pur avendo maturato i requisiti per andare in pensione con Quota 103 o con la finestra di pensione anticipata, decidono di posticipare il loro ingresso in pensione e rimangano in servizio. 

La finestra di pensionamento denominata Anticipata si ottiene senza requisito anagrafico, ma semplicemente soddisfacendo un requisito contributivo che varia in base al sesso.

Se si è donne, infatti, è necessario avere alle spalle 41 anni e 10 mesi di contributi. 

Per gli uomini il requisito sale a 42 anni e 10 mesi di contributi. 

La misura inserita nel testo comporta un incentivo a rimanere al lavoro per chi ha maturato i requisiti al pensionamento anticipato o al pensionamento con Quota 103. L’incentivo consiste nell’accredito in busta paga del contributo pensionistico a carico del lavoratore normalmente previsto.

Chi lavora come dipendente, infatti, sa che ogni anno viene versato nelle casse dell’INPS il 33% della sua RAL (Retribuzione Annua Lorda).

Di questo 33%, il 23,81% è un versamento che effettua il datore di lavoro e il 9,19% rimane a carico del lavoratore. Quest’ultimo importo viene trattenuto tutti i mesi dalla busta paga e versato nelle casse dell’INPS. 

In caso si decidesse di restare al lavoro, nonostante il diritto di andare in pensione con Quota 103 o con finestra di Anticipata, questo importo verrebbe mensilmente accreditato nello stipendio del lavoratore, che vedrebbe aumentare la sua busta paga

Questo importo, pur accreditato in busta paga, non accrescerebbe l’imponibile fiscale e quindi è da considerarsi come un importo non tassato

Se si opta per questa scelta, si potrà richiedere la pensione anticipata successivamente, in qualunque momento. 

Per i dipendenti pubblici, inoltre, è abrogato il divieto di trattenimento al lavoro oltre i 67 anni d’età, che viene, invece, innalzato a 70 anni. 

Aumento dell’importo della pensione minima

È stato, infine, stabilito nel testo della Manovra un aumento delle pensioni minime che passano da 614,77 € al mese a 617,90 € al mese

La pensione cosiddetta minima è prevista per chi va in pensione con il sistema misto, mentre nel sistema contributivo, come abbiamo visto in precedenza in questo articolo, la soglia minima di importo pensionistico coincide con l’importo dell’assegno sociale. 

Considerazioni di Ciao Elsa

Come abbiamo già sottolineato all’inizio di questo articolo, tutto ciò che è stato presentato nel testo della Manovra è ancora oggetto di discussione parlamentare e non è certo che resterà così com’è ora. 

In egual modo, tutto ciò che è stato escluso dal testo potrebbe essere ripreso in altri contesti e attuato prossimamente. 

Noi di Ciao Elsa, oggi, ci limitiamo a sottolineare come quasi tutto ciò che era stato ipotizzato per la previdenza complementare non abbia trovato spazio nel testo presentato.

Questo secondo noi è un peccato perché, senza entrare nel merito delle proposte avanzate nei mesi scorsi, quantomeno era auspicabile una maggiore centralità della previdenza complementare nel testo della Manovra. 

Lo diciamo perché, nella realtà, la pensione integrativa è già fondamentale, soprattutto per i giovani lavoratori che, in futuro, potranno contare su pensioni molto basse.  

Infine, vogliamo esprimere un’opinione sull’unico articolo che interviene direttamente in ambito di previdenza complementare: l’articolo 28.

Se un lavoratore, nell’arco della sua vita professionale, non ha accumulato un montante contributivo sufficiente per raggiungere una pensione annua pari almeno all’assegno sociale, significa che molto probabilmente ha lavorato (o guadagnato) poco nel corso degli anni e quindi, secondo noi, sarà molto difficile e raro che possa avere a disposizione uno o più fondi pensione in cui ha versato del denaro.

Ci spieghiamo con un esempio

Consideriamo il caso di un lavoratore che nel corso della sua vita percepisca mediamente 30.000 € lordi, cioè la RAL media in Italia. A fine corsa potrebbe ritrovarsi con un montante contributivo accumulato nelle casse dell’INPS di circa 400.000 €.

Per avere una pensione lorda che sia pari all’assegno sociale, il montante contributivo finale dev’essere di poco superiore ai 100.000 €.

Quindi, un lavoratore che non abbia raggiunto questo montante, avrà probabilmente percepito stipendi medio-bassi nel corso della sua vita professionale o avrà lavorato con discontinuità o, ancora, avrà versato contributi per pochi anni. 

Ne consegue che, a nostro avviso, è altamente improbabile che un lavoratore di questo tipo abbia, contestualmente, avuto una capacità di risparmio tale da consentirgli di alimentare, negli anni, un fondo pensione che lo sostenga significativamente.

In altre parole, crediamo che questo articolo potrà aiutare un numero molto ristretto di lavoratori e che, quindi, questa proposta andrebbe quanto meno estesa anche alla finestra di pensionamento di anticipata contributiva, per poter sfruttare, in molti più casi, i fondi pensione come strumento non solo di integrazione della pensione, ma anche di accesso al pensionamento.