Cosa devi sapere prima di andare in pensione?
Una volta giunto il fatidico momento in cui avrai tutti i requisiti necessari per smettere di lavorare e poter andare finalmente in pensione, è necessario avere già ben chiare le idee su come potrai godere di tutti i soldi maturati nel corso di un’intera vita lavorativa.
Ecco perché è più che mai utile sapere tutte le informazioni per tempo.
È anzitutto necessario fare una distinzione preliminare.
In qualità di lavoratore, durante la tua carriera professionale avrai o starai versando i contributi al sistema di previdenza obbligatoria (quello gestito dall’INPS o da un’altra cassa di riferimento specifica in relazione alla tua professione), che costituisce la principale fonte di reddito pensionistico una volta raggiunta l'età pensionabile.
L’INPS percepisce quindi ogni mese i contributi versati da ciascun lavoratore che altro non sono che la somma di:
- quota a carico del lavoratore (una parte dei contributi è trattenuta direttamente dalla busta paga)
- quota a carico del datore di lavoro (versamento dell’altra parte dei contributi, generalmente superiore alla quota a carico del lavoratore)
Più in dettaglio, le aliquote delle contribuzioni ai fini pensionistici (IVS) sono in genere pari al 33% della RAL, seguendo tale ripartizione: il 23,81% dei contributi è a carico del datore di lavoro, mentre il 9,19% è a carico del lavoratore.
Oltre, quindi, a poter usufruire del totale versato nelle casse dell’INPS una volta raggiunta l’età della pensione (sotto forma di bonifico mensile che verrà accreditato sul tuo conto corrente), devi anche considerare quella che è chiamata pensione integrativa.
Questo concetto nasce grazie al D.LGS 252/2005, siccome, così facendo, lo Stato ti permette di colmare quello che viene definito gap pensionistico. Infatti, in linea puramente teorica, l’aspettativa di una pensione media è pari al 50-60% dell’ultimo stipendio che arriverà prima di smettere di lavorare.
Agendo preventivamente nell’arco di un’intera carriera lavorativa avrai modo di crearti i presupposti per integrare quella pensione che mensilmente l’INPS ti avrà riconosciuto, cercando così di ricevere una somma (derivante della pensione erogata dall’INPS e dalla pensione integrativa) che quanto più riesca ad avvicinarsi a quel 100% degli ultimi stipendi che percepivi in quanto lavoratore.
La pensione integrativa è perciò da vedersi come una forma di risparmio volontario, attraverso il versamento di altri contributi in fondi pensione, che ti consente di accumulare un capitale aggiuntivo da affiancare alla pensione obbligatoria (erogata dall’INPS).
Con questo supplemento pensionistico ti garantirai un reddito più elevato a cui accedere durante la pensione rispetto a quello che, altrimenti, avresti avuto.
Sulla base di questa fondamentale differenza, è perciò opportuno che tu sappia in anticipo come poterti muovere per beneficiare del montante che vedi indicato all’interno del tuo fondo pensione, ovvero della somma di denaro che hai versato nel corso degli anni di lavoro e che, nel tempo, si è rivalutata.
Requisiti minimi per chiedere la prestazione al fondo pensione
Una volta giunto al momento del pensionamento, oltre a ricevere la pensione pubblica dall’INPS dopo aver lavorato e versato contributi per una vita, potrai richiedere al tuo fondo pensione privato di restituirti quanto hai risparmiato nel corso degli anni.
Tale risparmio, maturato col tempo, deriva dalla somma di tutto ciò che è stato versato nel fondo pensione e dall’effetto degli investimenti effettuati dal fondo stesso.
I soldi che negli anni hai versato nel fondo possono principalmente derivare da tre diverse fonti:
- TFR aziendale (quindi non lasciato in azienda, ma destinato al fondo pensione)
- aggiunte di tasca tua (sia con una piccola percentuale di trattenute dallo stipendio mensile, sia con eventuali risparmi personali per integrare ciò che è già presente come montante nel fondo pensione)
- contributi aggiuntivi da parte del datore di lavoro privato o pubblico (nel caso del pubblico si intende lo Stato)
Nota bene: andare in pensione non comporta la chiusura immediata e/o obbligatoria del fondo pensione a cui stai aderendo.
Infatti, anche se non lavori più, potresti andare in pensione usufruendo solo della pensione pubblica dell’INPS, ma non necessariamente della prestazione complementare del tuo fondo pensione.
Potrai quindi chiudere il fondo anche 5, 10 o 15 anni dopo l’essere andato in pensione. Ciò che cambia è che, finché non chiudi la posizione, non potrai beneficiare dell’integrazione con la quale colmare quel “gap pensionistico”.
Solo nel momento in cui chiederai la chiusura (tramite modulistica), si andrà a guardare quanti soldi hai dentro al fondo e, in base alla tua età corrente, ti verrà versato un assegno integrativo sulla base delle modalità da te richieste.
Fai attenzione a una prima importante premessa: per poter chiedere la “prestazione” a un fondo pensione complementare devi aver aperto un fondo pensione almeno 5 anni prima della richiesta.
Inoltre, durante quei 5 anni, tale fondo non deve essere mai stato chiuso, altrimenti perderai la condizione essenziale per poter beneficiare del riscatto dei soldi presenti nel fondo stesso una volta giunto all’età pensionabile.
Insomma, ci sono due requisiti essenziali da soddisfare per chiedere la prestazione al fondo pensione:
- Essere pensionato, ovvero percepire la pensione da lavoro pubblica dall'INPS o, nel caso di liberi professionisti, dalla cassa previdenziale a cui hai versato mentre lavoravi
- Avere il tuo fondo pensione aperto da almeno 5 anni.
Quindi, se aderisci al fondo pensione a 65 anni e a 67 vai in pensione, non potrai ottenere i tuoi soldi, con tassazione agevolata, prima dei 70 anni (a meno di situazioni eccezionali, quale potrebbe essere l’invalidità permanente).
Tassazione agevolata significa che su quei soldi presenti come montante pagherai una tassa pari al 15% nei primi 15 anni di adesione al fondo di previdenza complementare, diminuendo poi dello 0,3% all’anno per ogni anno di permanenza in più oltre al quindicesimo, fino ad arrivare al minimo, cioè al 9%, nel caso restassi all’interno del fondo per 35 anni o più.
Ipotizza quindi di avere tutti i requisiti in regola e di voler richiedere la prestazione pensionistica, insomma di voler finalmente godere del tuo fondo pensione, chiedendo che ti vengano restituiti i soldi che per un’intera vita lavorativa hai versato nel fondo stesso.
Cosa dovresti fare nel pratico?
Per poter beneficiare della prestazione pensionistica sotto forma di rendita o capitale, è anzitutto necessario compilare un modulo fornito dal tuo fondo pensione stesso.
Con tale documento comunichi ufficialmente la chiusura della posizione nei confronti tuo fondo pensionistico (nel senso che non verserai più soldi e che quelli che ci sono non saranno più investiti), così che, consegnando il modulo compilato con tutti gli adempimenti richiesti, sarà possibile iniziare a ricevere la pensione.
Quindi, indicando sul modulo tutti i tuoi dati, in qualità di aderente, potrai scegliere la forma di erogazione della prestazione pensionistica che più si addice alle tue necessità o bisogni.
Hai tre opzioni per “ritirare” i soldi: 100% rendita, 50% capitale e 50% rendita oppure 100% capitale
Opzione 1: 100% rendita
Con questa opzione puoi richiedere la conversione totale del capitale accumulato nel fondo pensione in una rendita mensile.
Quindi, oltre alla pensione pubblica dell’INPS, riceverai i soldi provenienti dal tuo fondo pensione sotto forma di assegno e, in questo caso, potrai considerarli come se fossero una vera e propria integrazione della tua pensione.
Ricorda però che i due assegni, quello pubblico e quello del fondo pensione, viaggiano su due binari paralleli, il che significa che riceverai due distinti bonifici, uno dall’INPS (o da un’altra tua cassa di appartenenza) e uno dal fondo pensione.
Tipologie di rendita
Scegliendo l’opzione 100% rendita, puoi avere a disposizione diverse tipologie di soluzione, la cui scelta incide in maniera significativa sull’importo della rendita; i più frequenti sono:
- Rendita vitalizia
Tale forma di rendita ti viene riconosciuta finché sei in vita. Non appena venissi a mancare, invece, si estinguerebbe subito.
Quindi, per fare un esempio concreto, se hai accumulato 100.000€ nel tuo fondo pensione, ma vieni a mancare un mese dopo il pensionamento, tutti i soldi non erogati se li tiene il fondo pensione.
Viceversa, se vivi fino a 120 anni, il fondo pensione continua a erogarti l’assegno pattuito anche se i tuoi 100.000€ sono ormai esauriti (il fondo attinge alle riserve di cui dispone).
Questo è possibile sulla base di statistiche e speranza di vita.
I calcoli della rendita sono fatti apposta per garantire in maniera sostenibile un’eventuale erogazione vitalizia anche oltre il montante versato:si tiene conto, infatti, della frequenza di entrambe le casistiche, sia quelle dove il beneficiario della pensione viene a mancare prima rispetto all’aver recuperato tutto il suo montante, sia quelle in cui otterrà più di quanto presente rispetto al montante iniziale.
- Rendita certa e successivamente vitalizia
Come prima, anche questa tipologia di rendita viene erogata finché sei in vita, ma se venissi a mancare in un periodo di tempo pre-determinato (che scegli tu, selezionando tra due opzioni disponibili, ovvero 5 oppure 10 anni), la rendita continuerebbe a venire erogata al/ai beneficiario/i designato/i fino a conclusione di tale periodo scelto.
Quindi, rispetto alla vitalizia di prima, in questo caso sei certo che almeno una parte del montante si salva (per quei 5 o 10 anni scelti) ed entrerà nelle tasche dei beneficiari che hai designato, scongiurando il “pericolo” di non recuperare quasi nulla perché, sfortunatamente, sei venuto a mancare poco dopo la pensione.
Esempio: pensionato di 67 anni che sceglie una rendita certa per 10 anni. In questo caso ci potranno essere due scenari:
- se il decesso avvenisse a 70 anni, la rendita verrebbe pagata per 10 anni (3 anni al pensionato e gli ultimi 7 anni agli eredi o beneficiari designati);
- se il decesso avvenisse a 87 anni, la rendita verrebbe pagata per 20 anni esclusivamente al pensionato.
- Rendita vitalizia reversibile
Come per le opzioni viste sinora, anche in questo caso la rendita viene erogata finché sei in vita. Al momento del tuo decesso l'intera rendita, o una quota da te determinata, viene erogata per tutta la vita alla persona che hai designato.
L’importo della rendita reversibile tipicamente dipende da:
- età del beneficiario designato (se si indica come beneficiario, ad esempio, un figlio minorenne, l’importo della rendita sarà rapportato anche all’aspettativa di vita del minorenne);
- sesso del beneficiario designato, in ragione della diversa aspettativa di vita degli uomini rispetto alle donne;
- percentuale di reversibilità richiesta (60%, 70%, 80% o 100% della rendita - comunque consulta sempre i documenti sulle rendite redatti dai singoli fondi per conoscere tutte le percentuali disponibili).
- Controassicurata
In questa ulteriore opzione, l’assegno ti viene riconosciuto finché sei in vita e, al momento del tuo decesso, viene versato ai beneficiari a cui hai designato l'eventuale capitale residuo, sotto forma di assegno periodico (a rate) o di versamento una tantum (soluzione unica), questo lo decidi tu esprimendo la tua scelta nella modulistica fornita dal fondo pensione.
La differenza sostanziale rispetto alla rendita reversibile, è che nella controassicurata hai la possibilità di lasciare ai/al beneficiari/o il capitale per intero (e non solo una rendita vitalizia a rate che parte dal momento in cui il pensionato viene a mancare).
- Rendita vitalizia con raddoppio della rata in caso di LTC
LTC significa “Long Term Care”, cioè il caso in cui potresti trovarti in condizioni di non autosufficienza dopo aver iniziato a percepire la rendita pensionistica.
In tale situazione, è previsto il raddoppio della rendita riconosciuta all’aderente, con lo scopo di far fronte alle spese e alle necessità derivanti dall’impossibilità di compiere le attività base del vivere quotidiano.
Insomma, questa è da intendersi come una rendita che include una componente assicurativa.
Questa opzione può quindi avere dei limiti di età ed è tipicamente subordinata alla preventiva valutazione da parte della compagnia assicurativa che, come in tutte le valutazioni, può richiedere delle verifiche mediche prima di decidere se accettare o rifiutare l’assunzione del rischio.
Tieni a mente che la rendita LTC si può richiedere anche quando stai già percependo la pensione, siccome col tempo sono subentrate condizioni tali che non ti portano più a essere autosufficiente.
Quindi, ad esempio, potresti andare in pensione a 67 anni, chiedere la prestazione al fondo anche a 70 (o comunque dopo l’età in cui entri effettivamente in pensione) e diventare non autosufficiente a 72.
A quel punto si produce la documentazione dedicata e il fondo pensione prende in carico la pratica, decidendo se si sono verificati tutti i requisiti per il raddoppio, cioè per l'erogazione della prestazione assicurativa.
Esempio pratico di rendita vitalizia
Ora che hai preso visione delle diverse tipologie di rendita, puoi provare a verificare quali sono quelle previste dal tuo fondo (attenzione: non è detto che ogni fondo pensione permetta di usufruire di tutte le opzioni elencate) e fare i calcoli a partire dalla documentazione che ti fornisce il tuo fondo pensionistico.
Ti saranno perciò utili il regolamento e il documento sulle rendite del tuo fondo pensione, tutte cose che troverai disponibili online visitando la pagina del fondo stesso.
In particolare, nel documento sulle rendite troverai diverse tabelle, ciascuna per tipologia di rendita, così che potrai effettuare il calcolo applicando al tuo montante il relativo coefficiente di conversione.
La tabella dei coefficienti di conversione da capitale in rendita, tipicamente, ti dice, ogni 1.000€ di capitale, qual è il coefficiente da applicare in base alla rateizzazione che sceglierai (quindi in base al fatto che i bonifici arriveranno a cadenza mensile, trimestrale, quadrimestrale, semestrale o annuale) e all’età alla quale la richiedi.
Ovviamente, quest’ultima è una variabile determinante perché a seconda dell’età che hai quando richiedi la rendita, avrai una diversa speranza di vita.
Presta però attenzione che ogni fondo pensione ha le sue tabelle e che può dare delle istruzioni specifiche per effettuare il calcolo (a volte, per esempio, ci sono delle rettifiche numeriche dell’età che dipendono dal tuo anno di nascita).
Altra cosa a cui devi stare attento sono i costi sull’erogazione della rendita, che puoi sempre consultare nel documento sulle rendite.
Essi ti informano circa il fatto che paghi una sorta di costo assicurativo direttamente proporzionale al frazionamento scelto, quindi più rate decidi di avere nell’arco dell’anno e più questi costi di erogazione potranno essere più alti.
Di tali costi, in realtà, è solo utile che tu sia a conoscenza, ma nella pratica difficilmente dovrai utilizzarli in nessun calcolo, in quanto tipicamente sono già conteggiati all’interno dei coefficienti di conversione presenti nelle tabelle.
Facciamo comunque un paio di esempi di tali costi per essere quanto più esaustivi possibile.
Come vedi dalle immagini qui sotto (derivanti da due fondi pensione diversi, presi solo a titolo di esempio per far vedere che le percentuali variano da caso a caso), si va da un minimo dell’1% a un massimo che va anche oltre il 3%, quindi è bene stare sempre attenti al frazionamento annuale che scegli di ricevere.
Accanto ai coefficienti di conversione e ai costi di erogazione della rendita, bisogna essere consapevoli che, tipicamente, la rendita viene anche rivalutata.
Per conoscere le specifiche rivalutazioni applicate è necessario rifarsi ai regolamenti di ciascun fondo pensione, in particolare a ciò che è presente all’interno del documento sulle rendite.
Ora che sono più chiari i tipi di rendita e che c’è un documento grazie al quale puoi effettuare i calcoli, è quanto mai utile riportare un esempio pratico su un caso base, utilizzando cifre tonde, così che risulti ancor più facile la comprensione.
Esempio:
ipotizziamo che una persona avente 67 anni e con 100.000€ di capitale chieda la prestazione sotto forma di rendita vitalizia al fondo pensione, scegliendo una rendita di tipo mensile.
In questo specifico esempio ti mostriamo una tabella di un fondo pensione in cui maschi e femmine hanno lo stesso coefficiente, ma attenzione perché non per tutti è così (alcuni fondi distinguono il caso uomo/donna).
Il calcolo da fare è come segue:
il coefficiente da considerare è 0,04162, siccome è stata scelta una rendita mensile a partire dall’età di 67 anni.
Quindi si moltiplica 100.000€ per questo coefficiente così da avere un risultato di 4.162€ lordi (corrispondenti poi a un bonifico mensile di pensione integrativa pari a 346,83€ lordi).
Questa è la rendita vitalizia annuale, a cui andrà applicata la tassazione agevolata dal 15% al 9% in base agli anni di permanenza nel fondo pensione (tassazione che quindi è agevolata perché ridotta rispetto a quella a cui altrimenti sarei soggetto sulla base degli scaglioni IRPEF, ovvero tra il 23% e il 43%).
Opzione 2: 50% capitale e 50% rendita
Con questa tipologia di richiesta è possibile farsi liquidare un massimo del 50% della somma totale (montante), in capitale, così che la restante parte venga a essere erogata sotto forma di rendita mensile.
Insomma, metà dei soldi te li restituiranno con un bonifico unico, mentre l’altra metà potrai riceverla sotto forma di rendita, scegliendo una delle cinque tipologie viste precedentemente.
Opzione 3: 100% capitale
Molti potrebbero pensare che questa opzione sia scontata, quando invece è necessario metterti in guardia e farti sapere sin da ora che, purtroppo, non è sempre percorribile.
Si può infatti chiedere il 100% di capitale solo se la rendita derivante dalla conversione di almeno il 70% del montante finale (quindi di tutti i soldi accumulati nel fondo pensione) è inferiore al 50% dell’assegno sociale.
Essendo che la quota dell’assegno sociale nel 2024 è pari a 6.947,33€ annuali, la metà a cui far riferimento è, di conseguenza, di 3.473,66€.
Effettuiamo anche qui un calcolo per rendere il tutto più chiaro.
Ipotizza di essere una persona di 67 anni con un montante finale presente sul fondo pensione di 100.000€ (usiamo sempre cifre tonde per comodità di calcolo).
Il 70% del montante accumulato negli anni lavorativi di adesione al fondo pensione, comprensivo dei rendimenti e al netto di imposte e costi è di 70.000€.
Ora, bisogna convertire quei 70.000€ in rendita annuale utilizzando il coefficiente di riferimento fornito dalle tabelle del fondo pensione. Facendo riferimento alla tabella usata anche prima, il coefficiente è di 0,04243 (perché qui bisogna riferirsi al coefficiente della rendita annuale, non più mensile, a 67 anni per fare bene i calcoli).
A questo punto devi moltiplicare i tuoi 70.000€ per tale coefficiente 0,04243 così da ottenere la rendita annua lorda, che in questo caso è pari a 2.970,10€.
Adesso è necessario prendere questi 2.970,10€ e confrontarli con il 50% dell’assegno sociale, che, come abbiamo visto poco prima, è di 3.473,66€.
Puoi quindi facilmente vedere che la cifra della rendita annua lorda è inferiore rispetto al 50% dell’assegno sociale, perciò hai tutte le carte in regola per portarti a casa i tuoi 100.000€ lordi in un’unica soluzione (ricordandoti sempre che la tassazione del capitale sarà poi del 15-9%).
E se invece di 100.000€ sul fondo pensione avessi avuto 150.000€?
Calcolando il 70% di 150.000€ avresti una cifra pari a 105.000€ che, trasformati in rendita con lo stesso coefficiente di prima, diventano 4.455,15€ all’anno. Questo rappresenta quindi il caso opposto, siccome ti troveresti con una cifra maggiore del 50% rispetto all’assegno sociale (3.473,66€).
In questo caso, quindi, non potresti ritirare il 100% del capitale, bensì massimo il 50% (quindi 75.000€) in capitale e il resto lo dovresti trasformare in rendita, con le regole che abbiamo visto nell’opzione 2.
In ogni caso, se hai una casistica per la quale capisci che non puoi ritirare il tuo montante con la formula del 100% capitale, resta sempre valida l’opzione numero 1, ovvero quella di ritirare col 100% rendita.
Capito il meccanismo che sta alla base del calcolo con cui poter beneficiare dell’opzione 3, ti sarà sicuramente utile sapere al volo qual è la soglia oltre la quale non potrai fare affidamento a questa soluzione.
Perciò, come si calcola il montante soglia, cioè la cifra oltre la quale non è possibile ritirare il 100% del capitale presente nel fondo pensione?
Basta procedere al calcolo inverso: partendo da 3.473,66€ (ovvero il 50% dell’assegno sociale previsto nell’anno 2024 - nota: l’assegno sociale varia ogni anno) e dividendoli per il coefficiente di trasformazione che interessa per avere una rendita annuale (in questo caso quello dei 67 anni, quindi 0,04243), si ottiene un risultato di 81.868€ circa.
Questa cifra rappresenta il 70% del montante finale presente sul fondo pensione, oltre il quale sarai obbligato alla trasformazione in rendita, seguendo le opzioni 1 oppure 2.
Più nello specifico, facendo la conversione per ottenere (dal quel 70%) il 100% a cui far più velocemente riferimento quando guardi il tuo montante totale presente sul fondo pensione, trovi una cifra pari a 116.954,3€.
Questa cifra, considerando l’esempio specifico, è il montante soglia che determina se puoi o non puoi beneficiare dell’opzione 3.
Vogliamo però ricordarti un’ultima informazione importantissima.
Ad oggi, la regola del montante soglia vale per singolo fondo pensione e quindi, se anziché avere un solo fondo ne avessi 2 o più, ciascuno con un montante sotto tale soglia, potresti ottenere da ciascuno di essi il 100% del capitale.
Esempio:
Fondo pensione #1 con montante pari a 100.000€
Fondo pensione #2 con montante pari a 50.000€
Nonostante la somma dei due fondi pensione sia di 150.000€ (che, come visto prima, non permetterebbe di sfruttare l’opzione 3), in questo caso c’è una ripartizione ben diversa che consente di beneficiare del 100% capitale per ciascuno dei tuoi due fondi, perché in entrambi i casi il 70% del montante è inferiore rispetto al 50% dell’assegno sociale attualmente previsto.
Questo significa che, se la tua intenzione futura per quando arriverai alla pensione, è quella di disporre subito del 100% capitale di ciò che hai accumulato, potrebbe avere senso muoverti per tempo e pianificare una strategia utile per aderire a più fondi pensione privati su cui non sforare mai la cifra soglia che altrimenti non ti permetterebbe di beneficiare dell’opzione 3.
Conclusioni
La scelta tra ritirare il fondo pensione al 100% in capitale o optare per una rendita mensile è una decisione cruciale che richiede una pianificazione accurata e una buona comprensione delle proprie esigenze finanziarie a lungo termine.
Conoscere già da oggi le opzioni disponibili e i relativi requisiti è fondamentale per poter fare una scelta consapevole che miri a migliorare la tua sicurezza finanziaria dal giorno in cui sarai in pensione.
Optare per il 100% rendita significa che ti garantirai un flusso di reddito costante che può essere una soluzione vincente se preferisci la stabilità finanziaria e la sicurezza di un pagamento regolare (ad esempio di mese in mese, proprio come accadeva quando lavoravi).
Esistono però diverse tipologie di rendita - vitalizia, certa e successivamente vitalizia, reversibile, controassicurata, con raddoppio in caso di LTC - che offrono flessibilità e possibilità di personalizzazione differenti. È bene valutare attentamente le offerte di ciascuna sulla base delle proprie necessità e condizioni di vita.
La scelta di una combinazione 50% capitale e 50% rendita permette di bilanciare l'immediata disponibilità di una parte del capitale con la sicurezza di un reddito continuo.
Questa opzione può essere l’ideale se prevedi di affrontare alcune spese significative all'inizio della pensione, senza però rinunciare alla possibilità di avere un reddito integrativo stabile erogato con cadenza regolare.
L’ultima opzione è quella del 100% capitale, con la quale potrai usufruire della massima flessibilità finanziaria, avendo la possibilità di disporre immediatamente di tutto il capitale accumulato nel fondo pensione.
Tuttavia, questa opzione è subordinata a specifici requisiti di montante rispetto all'assegno sociale, e potrebbe non essere disponibile per tutti. Affinché tu non debba veder vanificata tale opzione una volta giunto in pensione, è necessario pianificare attentamente e sin da subito la strategia migliore per sapere di poterne beneficiare.
Ogni opzione potrebbe comportare benefici e rischi sulla base della tua situazione finanziaria, delle tue necessità e delle previsioni di vita futura. Per questo motivo consultare degli esperti di previdenza pensionistica potrebbe essere di grande aiuto.
Ciao Elsa è qui per supportarti in ogni fase del processo decisionale: la nostra priorità è sapere che potrai sentirti finanziariamente al sicuro quando sarai in pensione. Siamo pronti ad aiutarti per qualsiasi pianificazione pensionistica, permettendoti di godere appieno dei frutti di una vita di lavoro.