
Con l’avvicinarsi della legge di bilancio, il tema delle pensioni torna sotto i riflettori.
La recente Relazione INPS sull’andamento dei trattamenti previdenziali nel 2024 mostra segnali chiari: cresce il numero di pensioni di vecchiaia e invalidità, mentre continuano a calare le uscite anticipate.
Questo trend, insieme alle prime indiscrezioni politiche, alimenta le ipotesi su nuove misure di flessibilità, come una possibile “Quota 41 flessibile” in arrivo nel 2026.
Pensioni 2024: sì a vecchiaia e invalidità, giù le anticipate
Nel 2024 l’INPS ha liquidato quasi 1,6 milioni di nuove prestazioni, in crescita del 4,5% rispetto al 2023.
Tuttavia, la composizione di queste pensioni è tutt’altro che omogenea.
Le pensioni di vecchiaia sono aumentate del 14,5%, quelle di invalidità dell’11,8%, mentre le pensioni anticipate hanno registrato un calo del 9%, proseguendo una flessione già iniziata nel 2022.

A incidere in modo significativo su questo calo sono state soprattutto le restrizioni imposte alle uscite anticipate non strutturali, come Opzione Donna e le formule a “Quote”, la cui applicazione è diventata via via più rigida e limitata a platee sempre più ristrette.
Un segnale evidente di questo fenomeno è l’innalzamento dell’età media di pensionamento: nel 2024 si è attestata a 64,8 anni, con un incremento di oltre 7 mesi rispetto all’anno precedente.
E le indiscrezioni su una possibile revisione del sistema delle “Quote” si fanno sempre più insistenti.
Prima di analizzare gli scenari ipotizzati, è utile fare il punto sulle attuali finestre pensionistiche di uscita disponibili e sui possibili cambiamenti previsti per il 2026.
Le attuali vie d’uscita: tra requisiti strutturali e misure temporanee
Nel nostro sistema previdenziale esistono diverse modalità di accesso alla pensione, che possono variare anche in base alla gestione presso cui si versano i contributi.
In generale, è possibile distinguere due grandi categorie: le misure strutturali, introdotte in via permanente dalla riforma Fornero (legge n. 214 del 2011) e le finestre temporanee, ovvero strumenti di pensionamento anticipato di carattere eccezionale, soggetti ogni anno a conferma, modifica o cancellazione, in base agli equilibri di finanza pubblica.
Finestre di pensionamento strutturali
Pensione di vecchiaia
Per accedere alla pensione di vecchiaia è necessario:
- aver compiuto almeno 67 anni
- essere in possesso di almeno 20 anni di contributi.
Inoltre, chi appartiene interamente al sistema contributivo, cioè coloro che non hanno versamenti antecedenti al 1996, deve soddisfare un ulteriore criterio: l'importo della pensione maturata deve essere almeno pari al valore dell’assegno sociale, che nel 2025 ammonta a 7.002,84 euro lordi annui, ovvero 538,68 euro al mese.
Attenzione però: il requisito anagrafico di 67 anni è valido per il 2025 e per il 2026, ma la normativa attuale prevede che questa soglia venga adeguata periodicamente all’aumento dell’aspettativa di vita, sulla base dei dati statistici.
Secondo le più recenti stime demografiche diffuse dall’Istat, nel biennio 2027-2028 è previsto un adeguamento dei requisiti per la pensione che comporterebbe un aumento di tre mesi ai requisiti oggi in vigore.
In base a queste proiezioni, l’età per accedere alla pensione di vecchiaia passerebbe dagli attuali 67 anni a 67 anni e 3 mesi.
Uno dei temi centrali della prossima legge di bilancio sarà con ogni probabilità proprio la decisione se confermare o sospendere l’aumento di tre mesi dell’età pensionabile previsto dal 2027.
Il Governo sembra orientato verso un congelamento di questo scatto, già previsto nelle proiezioni demografiche dell’Istat e recepito nelle tabelle aggiornate dalla Ragioneria generale dello Stato ma c’è chi consiglia cautela: l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) sostiene il mantenimento dell’incremento di tre mesi per “evitare che le pensioni risultino troppo basse, con conseguenti pressioni sugli istituti assistenziali”.
Pensione anticipata
Accanto alla pensione di vecchiaia, esiste una seconda possibilità di uscita strutturale dal lavoro: la pensione anticipata. Questa modalità, anch’essa valida sia per il sistema misto che per quello contributivo, non richiede il raggiungimento di una specifica età anagrafica, ma si basa esclusivamente sul numero di anni di contributi versati.
Nel 2025, i requisiti contributivi per accedere alla pensione anticipata sono differenziati per genere:
- per le donne, sono richiesti almeno 41 anni e 10 mesi di contributi
- per gli uomini, il requisito sale a 42 anni e 10 mesi.
Queste soglie sono attualmente "congelate" fino al 31 dicembre 2026.
Anche in questo caso, a partire dal 1° gennaio 2027, salvo nuove modifiche legislative, riprenderà l’adeguamento automatico dei requisiti alla speranza di vita che porterebbe il requisito per:
- le donne a 42 anni e 1 mese
- gli uomini a 43 anni e 1 mese
Su questo punto, le indiscrezioni relative a un possibile blocco dell’aumento di tre mesi restano ancora poco definite.
Non è infatti chiaro se l’eventuale sospensione, di cui il Governo si sta facendo portavoce, riguarderà tutti i canali di uscita soggetti all’adeguamento alla speranza di vita o solo la pensione di vecchiaia.
Pensione anticipata contributiva
Esiste un’ulteriore possibilità di uscita anticipata dal lavoro, conosciuta come pensione anticipata contributiva, che consente il pensionamento tre anni prima rispetto alla pensione di vecchiaia.
Si tratta di una finestra accessibile esclusivamente a chi rientra nel sistema contributivo “puro”, cioè a coloro che hanno iniziato a versare contributi a partire dal 1° gennaio 1996.
Nel 2025, per accedere alla pensione anticipata contributiva è necessario soddisfare quattro condizioni:
- avere almeno 64 anni di età;
- possedere almeno 20 anni di contributi accreditati;
- rientrare interamente nel sistema contributivo;
- maturare un assegno pensionistico pari ad almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale. Considerando che l’assegno sociale nel 2025 è pari a 7.002,84 euro lordi annui, l’importo minimo richiesto per accedere a questa finestra è di 21.008,52 euro lordi l’anno.
Come per le altre modalità di pensionamento, anche per la pensione anticipata contributiva è previsto un progressivo innalzamento del requisito anagrafico, legato all’evoluzione dell’aspettativa di vita.
Tuttavia, così come per la pensione anticipata ordinaria, al momento non è chiaro se il Governo intenda intervenire per sospendere o modificare l’automatismo dell’adeguamento a partire dal 2027.
Va ricordato che proprio su questa finestra, lo scorso dicembre l’esecutivo è già intervenuto con una misura significativa: a partire dal 2025, chi ha aderito a un fondo di previdenza complementare potrà utilizzare la rendita maturata per integrare l’importo della pensione contributiva e raggiungere così la soglia minima richiesta per accedere alla pensione di vecchiaia.
In altre parole, si prevede espressamente la possibilità di cumulare la rendita derivante dalla previdenza complementare con la pensione maturata nel regime obbligatorio, nel caso in cui quest’ultima risulti inferiore a tre volte il valore dell’importo dell’assegno sociale.
Finestre di pensionamento temporanee
Accanto alle pensioni strutturali, esistono anche alcune misure “speciali” che, non essendo parte integrante di riforme permanenti, sono soggette ogni anno a un processo di verifica per quanto riguarda requisiti, condizioni di accesso e possibilità di rinnovo.
Proprio negli ultimi anni, l’irrigidimento di alcuni requisiti ha di fatto ridotto il numero di richieste per queste tipologie di strumenti.
In un precedente articolo sulla riforma delle pensioni abbiamo parlato in modo approfondito di queste misure “speciali”; qui le riprendiamo in sintesi.
Opzione Donna
L'accesso a Opzione Donna, la misura che consente il pensionamento anticipato per le lavoratrici con il ricalcolo interamente contributivo dell’assegno, ha visto cambiare disciplina in modo significativo, attraverso l’inserimento di una serie di restrizioni introdotte nel 2023 e poi confermate anche per il 2024 e il 2025:
- l’età anagrafica è salita a 61 anni, con la possibilità di uno sconto di un anno per ciascun figlio, fino a un massimo di due anni;
- sono anche state allungate le finestre di decorrenza, cioè i tempi di attesa tra la maturazione dei requisiti e l’erogazione dell’assegno pensionistico (minimo 12 massimo 18 mesi);
- è stato limitato a specifiche categorie di lavoratrici:
- caregiver che da almeno sei mesi assistono un familiare con disabilità grave;
- donne con un’invalidità civile pari o superiore al 74%;
- lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende in stato di crisi.
APE Sociale
L’APE Sociale è una misura di accompagnamento alla pensione pensata per tutelare determinate categorie di lavoratori in condizione di disagio.
Si tratta di un’indennità erogata dallo Stato fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, oggi fissata a 67 anni.
Già nel 2024, l’APE Sociale è stata prorogata ma con alcune modifiche rilevanti.
Il requisito anagrafico è stato innalzato a 63 anni e 5 mesi (dai precedenti 63 anni) e sono stati introdotti criteri più selettivi per l’accesso, con un conseguente restringimento della platea dei beneficiari (lavoratori gravosi, caregiver che assistono un familiare convivente con disabilità grave; invalidi civili con un grado di invalidità pari o superiore al 74%; disoccupati di lunga durata).
Lavoratori precoci
Si tratta di lavoratori con almeno 41 anni di contributi, che al 31 dicembre 1995 potevano vantare almeno 12 mesi di contribuzione prima del 19° anno di età, e che si trovano in una delle seguenti situazioni:
- disoccupazione da almeno tre mesi dopo licenziamento o dimissioni per giusta causa; invalidità pari o superiore al 74%;
- assistenza continuativa da almeno sei mesi a parenti con handicap grave o patologie invalidanti;
- svolgimento di lavori particolarmente pesanti; appartenenza a specifiche categorie di lavoratori dipendenti negli ultimi anni di attività.
Sistema a “Quote”
Si basa su un meccanismo di pensionamento fondato su una somma di età anagrafica e anzianità contributiva.
Nel tempo sono intervenute diverse varianti della misura:
- Quota 100 permetteva di andare in pensione con almeno 62 anni di età e 38 anni di contributi fino al 31 dicembre 2021;
- Quota 102: accessibile a chi, entro il 31 dicembre 2022, maturava 64 anni di età e 38 anni di contributi;
- Quota 103, introdotta nel 2023 e prorogata poi anche per il 2024 e il 2025, richiede un’età anagrafica di almeno 62 anni ma con un minimo di 41 anni di contributi (entro, quest’anno, il 31 dicembre 2025).
In particolare, la Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una restrizione significativa: il ricalcolo dell’intero assegno pensionistico con il metodo contributivo. Ne abbiamo parlato in un nostro articolo, specialmente per quanto riguarda QUOTA 103.

Novità riforma pensioni 2026: Quota 41 flessibile?
Abbiamo visto come l’attuale riduzione del numero di pensioni anticipate, è il risultato di una progressiva restrizione dei requisiti di accesso.
Tuttavia, si moltiplicano le voci secondo cui il governo stia lavorando a una nuova opzione flessibile, da introdurre dal 2026: Quota 41 flessibile.
Questa misura non rappresenterebbe una riforma strutturale, ma un’aggiunta “temporanea” al sistema esistente, sulla falsariga di Quota 103.
La proposta prevede la possibilità di andare in pensione anticipatamente a condizione di aver maturato, entro il 31 dicembre 2025:
- 41 anni di contributi;
- almeno 62 anni di età.
A differenza di Quota 103, che recentemente ha applicato il calcolo contributivo integrale su tutto il montante previdenziale, Quota 41 flessibile prevederebbe una penalizzazione fissa del 2% dell'assegno pensionistico per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni richiesti dalla pensione di vecchiaia.
In pratica, un’uscita a 62 anni comporterebbe una riduzione massima del 10% (2% x 5 anni al compimento dei 67 anni) che tuttavia non si applicherebbe per chi ha un Isee inferiore a 35.000 euro lordi annui.
Si tratterebbe di una misura che segnerebbe un cambio di passo rispetto all’approccio restrittivo adottato negli ultimi anni.
Tuttavia, il nodo principale resta la sostenibilità dei conti pubblici. Le varie forme di pensionamento anticipato introdotte a partire dal 2019 (il cosiddetto sistema delle “quote”) hanno infatti generato un notevole incremento della spesa previdenziale.
Proprio per questo motivo, il governo è già intervenuto per limitare progressivamente l’accesso alle pensioni anticipate, anche in previsione dell’impatto che avrà l’uscita dal lavoro della generazione dei baby boomers (generazione nata tra il 1946 e il 1964, durante il marcato aumento delle nascite seguito alla Seconda guerra mondiale).
Una riapertura all’anticipo pensionistico, anche con penalizzazioni, comporterebbe nuove uscite e una spesa aggiuntiva non trascurabile.
Per questa ragione, il destino di Quota 41 flessibile dipenderà in larga parte dalla legge di bilancio 2026 e dalle compatibilità finanziarie rilevate dal MEF.
Verso la legge di bilancio per le pensioni 2026: le variabili in gioco
Il 2025 si configura come un anno di transizione.
Le misure attualmente in vigore (Quota 103, Opzione donna, Ape sociale) scadranno, come ogni anno, al 31 dicembre. Il governo dovrà decidere se prorogarle, modificarle o sostituirle.
Il dossier pensioni sarà quindi uno dei capitoli centrali della prossima legge di bilancio.
Nel frattempo, chi è vicino alla pensione deve continuare a orientarsi tra finestre di accesso, ricalcoli contributivi, requisiti variabili e cumulo gratuito dei contributi.
Ogni opzione ha vantaggi e criticità che vanno valutati in base alla propria storia contributiva e alla situazione reddituale.
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