
Nel corso di una carriera lavorativa può capitare di cambiare più volte inquadramento professionale, passando da dipendente a libero professionista, oppure da un’occupazione nel settore pubblico a una nel privato.
Ogni passaggio porta con sé nuove regole, nuovi enti previdenziali e, inevitabilmente, una frammentazione dei contributi versati.
Questa dispersione, se non affrontata con attenzione, può diventare un ostacolo al momento del pensionamento: diverse gestioni significano diverse modalità di calcolo, differenti requisiti anagrafici e contributivi, e talvolta la necessità di avviare più domande di pensione.
Per fortuna esistono strumenti pensati proprio per riunire questi percorsi previdenziali: stiamo parlando della ricongiunzione, del cumulo, della totalizzazione e del computo in gestione separata INPS.
L’obiettivo di Ciao Elsa è offrire una bussola per orientarsi nell’universo complesso della previdenza italiana, fornendo informazioni chiare e utili per compiere scelte consapevoli che incidano concretamente sia sull’importo della pensione sia sull’età di uscita dal mondo del lavoro.
In questo articolo approfondiremo cos’è il cumulo, come funziona, quando può rivelarsi una scelta vantaggiosa e quali sono le possibili alternative.
Negli ultimi anni il cumulo si è infatti affermato come uno degli strumenti più rilevanti per gestire in maniera efficiente e gratuita la frammentazione previdenziale.
Pensato per facilitare il percorso verso la pensione di lavoratori con carriere “ibride”, permette di ottimizzare ogni singolo contributo versato in diverse gestioni previdenziali.
Vediamo come.
Cos’è e come funziona il cumulo dei contributi
Il cumulo è l’istituto nato più di recente con le leggi 228/2012 e 232/2016 e consente ai lavoratori iscritti a più forme di assicurazione obbligatoria di sommare gratuitamente i periodi contributivi maturati presso diverse gestioni.
Nel 2017, è stato esteso anche agli iscritti alle Casse di previdenza dei professionisti (come medici, avvocati, ingegneri), ampliando in modo significativo la platea dei potenziali beneficiari.
L’importo della pensione è determinato “pro quota” da ciascuna gestione coinvolta, in proporzione ai contributi versati.
Ogni gestione calcola dunque la propria quota secondo le regole del proprio ordinamento, considerando le retribuzioni di riferimento e/o il totale dei contributi versati nel tempo.
È però l’INPS l’incaricato del pagamento dell’intera pensione, anche per conto delle altre gestioni, sulla base di specifiche convenzioni.
È inoltre utile sapere, a proposito delle pensioni liquidate in regime di cumulo, che:
- è applicata la normale tassazione IRPEF come per tutti i trattamenti pensionistici;
- è prevista la perequazione automatica, cioè il meccanismo con cui le pensioni vengono rivalutate periodicamente per adeguarsi all’aumento del costo della vita (inflazione), sulla base delle disposizioni di legge e con onere a carico delle gestioni interessate;
- si riconosce l'integrazione al trattamento minimo ovvero una prestazione che garantisce al pensionato un importo minimo di pensione se i contributi versati danno diritto a un assegno inferiore a una soglia stabilita per legge. L’integrazione è riconosciuta s chi riceve la pensione in regime di cumulo liquidata nel sistema retributivo/misto, a condizione che, tra le gestioni coinvolte, ve ne sia almeno una che prevede tale beneficio.
Immaginiamo un caso concreto: nel 2025, l’importo del trattamento minimo pensionistico è stato fissato a 603,40 € mensili per tredici mensilità. A questo si aggiunge una maggiorazione del 2,2% che porta l’assegno minimo a 616,67 € al mese.
Se un pensionato, che rientra nel sistema retributivo/misto, avesse oggi una pensione di 500 €, avrebbe diritto a un’integrazione al minimo pari a 116,67 €, così da raggiungere l’importo previsto per legge.
Al contrario, chi rientra nel sistema contributivo “puro” non ha diritto all’integrazione al minimo, né può accedere liberamente alle diverse modalità di pensionamento se ha un importo della pensione sotto una determinata soglia che corrisponde all’importo dell’assegno sociale o a un multiplo dello stesso. Nel 2025 l’assegno sociale è pari a 7.000,02 euro annui e chi non raggiunge questo importo minimo di pensione non ha diritto al pensionamento.
- sono concesse le maggiorazioni sociali (incrementi aggiuntivi sull'importo della pensione riconosciuti ai titolari con redditi bassi, al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e reddituali) e la somma aggiuntiva (cd. quattordicesima), se tra le "quote" che compongono la pensione ve ne sia almeno una a carico delle gestioni che prevedono tali agevolazioni e, al contempo, siano presenti determinate condizioni reddituali svantaggiate;
- I contributi versati dopo la liquidazione della pensione in cumulo possono dare diritto a un supplemento, a condizione che la gestione previdenziale in cui vengono accreditati lo preveda.
Chi può accedere al cumulo
Possono utilizzare il cumulo tutti coloro che abbiano contributi in almeno due delle seguenti gestioni:
- AGO - Assicurazione Generale Obbligatoria (Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e gestioni autonome di artigiani, commercianti e coltivatori diretti);
- Fondi sostitutivi, gestioni che sostituiscono totalmente l’AGO per definite categorie di lavoratori, come ad esempio il fondo del personale di volo dipendente da aziende di navigazione aerea oppure il fondo dei lavoratori dello spettacolo;
- Fondi esclusivi, gestioni che l’INPS gestisce con un fondo previdenziale separato e dedicato, tra cui la generalità dei dipendenti pubblici (ex INPDAP);
- Gestione Separata INPS, fondo rivolto ai lavoratori autonomi senza cassa, i professionisti con partita IVA e i collaboratori coordinati e continuativi;
- Casse professionali: enti previdenziali autonomi che gestiscono le pensioni e le tutele assistenziali obbligatorie per specifiche categorie di liberi professionisti iscritti a un ordine o albo (ex d.lgs. 509/1994 e 103/1996). Es: Inarcassa, Enpam, Cassa Forense, INPGI, ecc…
Inoltre, è possibile includere anche i contributi versati all’estero in Paesi in cui si applicano Regolamenti comunitari o Convenzioni bilaterali di sicurezza sociale che prevedono la totalizzazione internazionale, purché venga rispettato il requisito minimo di contribuzione previsto da tali accordi: generalmente almeno 52 settimane lavorative, cioè un anno.
Il cumulo è esercitabile solo se il lavoratore non è già titolare di una pensione diretta, compreso l’assegno ordinario di invalidità, erogata da una delle gestioni interessate. Non limita, invece, la possibilità di richiedere il cumulo l’eventuale titolarità di una pensione estera o l’aver solo maturato il diritto alla pensione in una delle gestione.
Il cumulo deve essere integrale e coinvolgere tutti i periodi contributivi: non è ammesso il cumulo parziale o selettivo.
In caso di contribuzione coincidente in più gestioni, i periodi valgono una sola volta per maturare il diritto alla pensione, ma vengono conteggiati tutti per determinare l’importo.
Poniamo il caso di un lavoratore che, nel 2013, abbia svolto contemporaneamente un’attività come dipendente di un’azienda privata, versando i contributi al Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, e un’attività da libero professionista con contribuzione alla Gestione Separata INPS.
In questo caso, entrambe le gestioni previdenziali riconosceranno i contributi versati ai fini del calcolo della pensione.
Tuttavia, ai fini del conteggio degli anni utili per maturare il diritto alla pensione, il periodo coincidente sarà considerato una sola volta, in una sola delle due gestioni coinvolte. In altre parole, l’anno 2013 non vale doppio come tempo.
Quali pensioni si possono ottenere grazie al cumulo dei contributi
Nel cumulo, il sistema di calcolo della pensione viene definito tenendo conto dell’anzianità contributiva maturata entro il 31 dicembre 1995 nelle gestioni coinvolte, con l’esclusione delle Casse professionali e al netto, come già anticipato, di eventuali periodi sovrapposti.
Se una persona ha contributi versati prima del 31 dicembre 1995, può accedere “pro quota” alla pensione in cumulo seguendo le regole previste dal sistema di calcolo “retributivo”. Al contrario, se tutte le gestioni coinvolte nel cumulo riportano versamenti solo a partire dal 1° gennaio 1996, valgono i requisiti stabiliti dal sistema “contributivo”.
Il vantaggio principale del cumulo sta anche in questo aspetto: a differenza della totalizzazione che richiede la conversione in “contributivo” di tutto il montante previdenziale, nel cumulo ciascuna gestione mantiene il proprio criterio di calcolo (retributivo, misto o contributivo), determinando la quota di pensione spettante in base ai contributi e alle retribuzioni effettivamente versati all’interno di quella gestione.
Per quanto riguarda invece le finestre di accesso alla pensione, il cumulo consente di accedere a diverse prestazioni pensionistiche:
- Pensione di vecchiaia. Si consegue con i requisiti anagrafici e contributivi previsti dalla cosiddetta Legge Monti-Fornero (n. 214 del 2011):
- 67 anni di età;
- almeno 20 anni di contributi;
- ulteriori requisiti previsti dalla gestione previdenziale alla quale il lavoratore o la lavoratrice risulta da ultimi iscritti. Per esempio, nell’Assicurazione Generale Obbligatoria (lavoratori dipendenti e autonomi) per poter accedere alla pensione di vecchiaia, oltre al requisito d’età e di contributi, è previsto che l’importo annuo della pensione debba essere almeno pari all’assegno sociale previsto nell’anno per tutti coloro che rientrano nel metodo di calcolo interamente “contributivo”. Ricordiamo che, quest’ultima condizione, non è prevista per i soggetti che rientrano nel sistema di calcolo retributivo/misto.
Facciamo un esempio.
Immaginiamo un soggetto appartenente alla categoria dei “contributivi puri” che, al compimento dei 67 anni, presenti domanda di pensione avendo maturato 20 anni di contributi. Tuttavia, se l’importo della pensione calcolata sulla base del montante contributivo risultasse inferiore all’assegno sociale, che per il 2025 è pari a 7.002,97 euro annui, il diritto alla pensione verrebbe negato.
Da evidenziare inoltre che i requisiti anagrafici indicati sono quelli in vigore nel 2025, ma la legge prevede che l’età aumenti progressivamente in relazione all'aspettativa media di vita.
- 67 anni di età;
- Se tra le gestioni interessate dal cumulo sono presenti requisiti anagrafici e di contribuzione diversi da quelli previsti dalla Legge Monti-Fornero, il diritto al trattamento in cumulo si consegue al perfezionamento dei requisiti più elevati tra quelli previsti dai singoli enti.
In questo caso, se in uno o più gestioni risultano comunque perfezionati i requisiti minimi d’età e contributivi di cui sopra, è prevista la liquidazione “pro quota” delle gestioni i cui ordinamenti applicano i requisiti Monti Fornero. Diversamente, il “pro quota” a carico delle gestioni il cui ordinamento prevede requisiti più elevati sarà liquidato in un secondo momento, quando gli stessi saranno perfezionati.
Il trattamento, in questi casi, si definisce “a formazione progressiva”: la pensione di vecchiaia in cumulo non viene, cioè, liquidata totalmente finché non interviene il pagamento anche dei pro-quota con i requisiti più elevati. Solo allora, il cumulo è effettivamente completato.
- Pensione anticipata: dal 2017 si può accedere al cumulo per ottenere anche forme di pensione “anticipate” rispetto ai requisiti di vecchiaia. In particolare, si può richiedere:
- la pensione anticipata ordinaria: 41 anni e 10 mesi per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini, indipendentemente dall’età. Anche per questa finestra i requisiti aumenteranno progressivamente nel tempo: quelli oggi in vigore sono congelati fino al 31 dicembre 2026 e, successivamente, riprenderanno gli adeguamenti in base all'aspettativa di vita.
- la pensione per i lavoratori precoci: una prestazione erogata a coloro che possono contare su 12 mesi di contribuzione effettiva prima del compimento dei 19 anni di età, si trovano in determinate condizioni indicate dalla legge e raggiungono 41 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 2026;
- la pensione anticipata cosiddetta Quota 100 (62 anni di età e 38 di contribuzione), Quota 102 (64 anni di età e 38 di contribuzione) e, infine, per la pensione anticipata flessibile con 62 anni di età e 41 anni di contribuzione Quota 103.
- la pensione anticipata ordinaria: 41 anni e 10 mesi per le donne, 42 anni e 10 mesi per gli uomini, indipendentemente dall’età. Anche per questa finestra i requisiti aumenteranno progressivamente nel tempo: quelli oggi in vigore sono congelati fino al 31 dicembre 2026 e, successivamente, riprenderanno gli adeguamenti in base all'aspettativa di vita.
Esclusioni dal cumulo dei contributi
Per le forme di pensione anticipata tuttavia sono esclusi dal cumulo i contributi delle Casse professionali e non è possibile richiedere la pensione anticipata denominata “Opzione donna”
Da tenere poi in considerazione che il cumulo non può essere utilizzato per raggiungere i requisiti previsti dalla pensione anticipata contributiva, un’opzione che consente di accedere alla pensione tre anni prima rispetto alla finestra di vecchiaia.
In particolare, è possibile fare richiesta quando si è:
- iniziato a versare contributi dopo il 31 dicembre 1995, ovvero coloro che rientrano nel metodo di calcolo interamente “contributivo”;
- compiuto oggi almeno 64 anni d’età;
- maturato un’anzianità contributiva minima di 20 anni;
- poter contare su una pensione di importo non inferiore a tre volte il valore annuo dell’assegno sociale: considerando che l’assegno sociale nel 2025 è pari a 7.002,84 euro annui, per ottenere oggi l’accesso alla pensione anticipata è necessario che l’importo lordo della pensione risulti pari ad almeno 21.008,52 euro l’anno.
Anche nel caso in cui una persona possieda tutti i requisiti previsti per la pensione anticipata contributiva, ma scelga di ricorrere al cumulo dei contributi versati in gestioni diverse, l’accesso a questa forma di pensionamento resta precluso.
Questo vale anche se in tutte le gestioni coinvolte dal cumulo i periodi contributivi risultano maturati interamente dopo il 1° gennaio 1996.
Si tratta di una variabile da tenere in seria considerazione, soprattutto in un’ottica prospettica.
Con il passare del tempo, infatti, aumenterà progressivamente il numero di lavoratori appartenenti al regime contributivo puro. Di conseguenza, utilizzando il cumulo, questi potrebbero rimanere esclusi da un'importante finestra pensionistica anticipata.
Vuoi scoprire nel dettaglio quali sono i requisiti di accesso alla pensione? Leggi il nostro approfondimento Età pensionabile 2025: quando vanno in pensione uomini e donne.
Come si presenta la domanda per il cumulo dei contributi
La domanda deve essere presentata alla gestione previdenziale nella quale è stata accreditata l’ultima contribuzione a qualsiasi titolo (effettiva, figurativa, ecc).
Se il lavoratore è iscritto contemporaneamente a più gestioni, può scegliere a quale ente previdenziale presentare la richiesta tra quelli in cui attualmente versa i contributi.
La gestione alla quale si presenta la domanda (definito “ente istruttore”) promuove l’istruttoria, verifica i requisiti, che devono essere indicati per tutti gli enti presso cui sono stati versati i contributi, e coordina il processo con le altre gestioni coinvolte.
Quando conviene il cumulo contributivo? Alcuni consigli pratici
Stabilire con certezza se il cumulo contributivo sia la scelta più vantaggiosa non è possibile in modo univoco, poiché la convenienza dipende da numerosi fattori di natura personale, lavorativa ed economica.
Ogni situazione è diversa: entrano in gioco l’età, l’anzianità nei diversi enti, le retribuzioni percepite nei vari periodi e le prospettive pensionistiche alternative. Prima di decidere, è quindi fondamentale valutare attentamente le opzioni a disposizione.
Ecco un esempio concreto che aiuta a capire meglio in quali situazioni il cumulo può risultare particolarmente utile:
il caso di una lavoratrice “ibrida” tra INPS e Cassa professionale.
Immaginiamo una biologa che, dopo gli studi, nel 1983 è stata assunta come dipendente nel settore privato versando, quindi i contributi all’INPS per un totale di 32 anni di contribuzione da dipendente.
Successivamente, dal 2015 lavora per 10 anni come libera professionista, versando alla cassa previdenziale dei biologi ENPAB.
Pur non avendo maturato in nessuna delle due gestioni i requisiti autonomi per il diritto alla pensione, grazie al cumulo potrà unire i periodi contributivi maturati e accedere alla pensione anticipata ordinaria. Questa forma di pensionamento non richiede un’età minima, ma solo un’anzianità contributiva pari, per le donne, a 41 anni e 10 mesi (valore valido per il 2025).
In alternativa, dovrebbe attendere più a lungo per maturare due trattamenti separati, oppure valutare la ricongiunzione, a pagamento, o la totalizzazione, accettando il calcolo della pensione interamente contributivo anche sui contributi maturati prima del 1996, anziché con il metodo retributivo.
Una valutazione personalizzata è sempre necessaria
In definitiva, il cumulo contributivo è uno strumento potente ma ha numerose variabili da tenere in considerazione, soprattutto se la carriera lavorativa è stata frammentata tra più gestioni previdenziali.
È fondamentale analizzare nel dettaglio la propria posizione contributiva, confrontare gli scenari alternativi (cumulo, ricongiunzione, totalizzazione, computo) e orientare la scelta sulla base di dati concreti.
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Solo un’analisi individuale può, infatti, rispondere alla domanda che ogni lavoratore si pone prima di andare in pensione: “Qual è la soluzione migliore per me?”